La Nuova Sardegna

Assolti i cognati dell’uxoricida di Nuoro

di Elena Laudante
Assolti i cognati dell’uxoricida di Nuoro

Pierpaolo Cardia, che nel 1998 uccise la moglie Annamaria Mele, li aveva accusati di diffamazione

04 luglio 2012
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SASSARI. Alla fine, le vittime hanno ottenuto giustizia anche nell’ultimo capitolo della storia dell’uxoricida che prendeva la pensione di reversibilità della moglie ammazzata. L’ultimo capitolo era quello che vedeva vittime e “carnefice” scambiarsi i ruoli. Le vittime, i fratelli di Annamaria Mele, uccisa a Nuoro nel 1998, erano finite imputate con l’accusa di aver diffamato l’assassino, Pierpaolo Cardia, che dopo aver scontato 14 anni per un periodo ha incassato la pensione della moglie, sottraendola alla figlia Valentina. Per correggere una mostruosità giuridica era intervenuto anche il Parlamento, che ha modificato la legge. Nel frattempo, Cardia si era sentito offeso da una intervista rilasciata a La Nuova Sardegna da Agostino e Irene Mele, fratelli della vittima. Si erano rammaricati, in una dichiarazione riportata sull’edizione del 20 marzo 2010, del fatto che «l’assassino» avesse «scontato solo pochi anni di carcere dopo che ha premeditato il delitto per impadronirsi dei beni di Annamaria». Ma la contestazione formale era di omicidio, non di omicidio premeditato. Per questo Cardia li aveva querelati, facendoli finire davanti al giudice dell’udienza preliminare di Sassari (competente in base al luogo di pubblicazione del quotidiano). E ieri mattina anche il rappresentante della pubblica accusa, il pm Elisa Loris, ha badato alla sostanza e non alla forma. Ha sollecitato al gup Teresa Lupinu di scagionare completamente le vittime-imputate, perché in quella frase non c’era l’ombra di reato. Il difensore dei Mele, l’avvocato Agostinangelo Marras, ha spiegato come quel riferimento alla “premeditazione” fosse in realtà la sintesi delle «sofferenze che quell’uomo aveva fatto subire alla moglie, che aveva vissuto in un clima di minacce e pressioni» che l’avrebbe convinta a chiedere la separazione. «L’espressione premeditazione non è stata utilizzata in senso giuridico ma fattuale - ha ricordato il penalista - per rappresentare l’epilogo di una vita coniugale tormentata. Tanto che Cardia, poi, ha approfittato della morte della moglie per chiedere l’accreditamento della sua pensione di reversibilità». E il giudice ha disposto il non luogo a procedere perché la diffamazione “non sussiste”. Assoluzione piena anche per il direttore de La Nuova (accusato di omesso controllo), difeso dall’avvocato Luigi Satta.

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