La Nuova Sardegna

Quei giorni all’Asinara nell’estate 1985

di Gianni Bazzonie Pier Luigi Piredda
Quei giorni all’Asinara nell’estate 1985

I due magistrati prepararono nell’isola l’istruttoria del maxiprocesso. Erano con le famiglie e pagarono pure il conto

24 maggio 2012
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SASSARI. Paolo Borsellino e Giovanni Falcone arrivarono all’Asinara nell’estate del 1985. Tutto deciso in fretta. «La notizia che la mafia progettava qualcosa contro di noi e i nostri familiari – raccontò Paolo Borsellino – giunse dalla squadra speciale di agenti carcerari che raccoglieva voci e umori delle celle. Fummo presi, io, Giovanni, sua moglie Francesca, mia moglie e i miei tre figli e in 48 ore catapultati all'Asinara: in aereo fino ad Alghero, poi a Porto Torres via terra ed infine nell'isola con la motovedetta degli agenti». Per i due magistrati di punta del pool antimafia era difficile continuare a lavorare. Una situazione drammatica. «I telefoni funzionavano male – disse dopo quell’esperienza Paolo Borsellino – e non avevamo con noi le carte. Giovanni era riuscito a portarsi appresso la parte che riguardava l'omicidio Dalla Chiesa. Per me era più difficile, perché, per quello che dovevo fare, avrei dovuto portare all'Asinara circa 800 volumi. Siamo stati buttati all'Asinara a lavorare per un mese e alla fine ci hanno anche presentato il conto: ho conservato la ricevuta. Pagammo - noi e i familiari - diecimila lire al giorno per la foresteria e in più i pasti. I magistrati fuori sede hanno diritto alla missione. Ma quella era una missione particolare. Avremmo dovuto chiedere il rimborso. Non lo facemmo, avevamo cose più importanti da fare».

Agosto 1985, estate caldissima. La mafia aveva appena ucciso il commissario Beppe Montana, dirigente della sezione catturandi della squadra mobile di Palermo,e il dirigente della squadra mobile, Ninni Cassarà.I due magistrati lavoravano nella foresteria di Cala d’Oliva, ogni tanto riuscivano ad andare in spiaggia. A portare una ventata di umorismo e spensieratezza, un giorno ci pensò l’altro magistrato, Giuseppe Ayala, che si presentò insieme al collega Di Lello. Il ricordo di Falcone e Borsellino non è mai stato cancellato dall’Asinara. Per anni la foto in bianco e nero dei due magistrati sorridenti è rimasta esposta nel corpo di guardia del supercarcere di Fornelli, riaperto proprio dopo le stragi del 1992. Una cosa non gradita alle decine di boss detenuti in regime di 41 bis.

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