La Nuova Sardegna

Protesti bancari, maglia nera per l’isola

di Silvia Sanna
Protesti bancari, maglia nera per l’isola

Tra cambiali e assegni scoperti allarmante crescita del numero dei cattivi pagatori. Il picco nell’Oristanese e in Gallura

14 maggio 2012
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SASSARI. Ormai se ne vedono pochi precipitarsi alla Camera di commercio per saldare i debiti. Affannarsi è inutile, i soldi non ci sono e la sentenza è già scritta. Le cambiali scadono, gli assegni si perdono nel vuoto dei conti correnti bancari. Per chi li ha emessi scatta la procedura stabilita dalla legge: iscrizione nel registro dei cattivi pagatori e in quello pubblico dei protestati. Il cittadino insolvente viene segnalato: sino a quando non salderà il debito e ripulirà la fedina macchiata dalla crisi, non potrà accedere a prestiti e mutui e la Cai (Centrale d’allarme interbancaria) non cancellerà il suo nome dall’elenco delle persone di cui diffidare. Una lista nera che in Sardegna si allunga sino a toccare numeri record. Il 2011 è stato un anno orribile e nel 2012, per ora, non si vedono grandi segni di ripresa. Nell’isola l’anno scorso si è chiuso con un aumento di protesti, tra cambiali, assegni e tratte non accettate, che ha avuto la punta massima in provincia di Oristano: più 48,8 per cento. Dalle Camere di commercio sarde arriva la conferma di una situazione sempre più allarmante. Con picchi anche in Gallura e con Nuoro, sino a pochi anni fa oasi della puntualità, che da qualche tempo arranca. Le ragioni sono arcinote. Tra crisi dell’industria, dell’edilizia e della piccola e media impresa, ma anche per colpa di una burocrazia che congela i pagamenti da parte degli enti pubblici, le aziende hanno due possibilità: chiudere baracca e mandare i dipendenti a casa, oppure non mollare e infilarsi nel girone infernale di assegni post datati e cambiali. Sperando di venirne fuori prima di diventare vittime dell’altra umiliazione riservata dalla legge, quella del pignoramento.

I dati. Secondo quelli forniti dalle Camere di commercio regionali, il numero di protesti – e di conseguenza di cittadini protestati – è cresciuto con percentuali a due cifre (tranne che nel Cagliaritano). Una conferma del dato reso noto dall’ente camerale di Monza che vede la Sardegna in testa alla classifica nazionale, davanti alla Valle d’Aosta e alla Toscana. L’unica magra consolazione, a guardare le cifre dal 2008 a oggi, si ha nel confrontare i dati del 2011 con quelli del 2009: l’anno peggiore, con crescite percentuali superiori in alcuni territori anche al 120 per cento. Nel 2010 c’era stata una leggera ripresa, i cattivi pagatori erano diminuiti un po’ ovunque. Poi, nel 2011, il quadro è ridiventato fosco.

Chi sale e chi scende. In realtà, tra le Province (le 4 storiche, che comprendono anche i territori dei nuovi enti intermedi) nessuna vede la luce. Il segno + sta dappertutto, da alcune parti in misura maggiore che altrove. In vetta c’è la provincia di Oristano, con + 48,8 per cento di insolventi protestati nel 2011, secondo posto in Italia dopo Siena. Segue Sassari (più Gallura) con +18,9 per cento, poi Nuoro, +14,9, e infine Cagliari, +2,9 per cento.

Il caso Oristano. Qui è allarme rosso. Nel triennio 2008-2011 non c’è stato alcun segnale di ripresa, nel capoluogo come nel resto della Provincia. I dati aggiornati al 31 marzo 2012 parlano di 451 protesti nei primi tre mesi dell’anno, di cui 235 a Oristano (183 cambiali, il resto diviso tra assegni e tratte non accettate). Il controvalore è 695mila 529 euro, significa che se il trend si manterrà stabile, alla fine del 2012 il totale sarà superiore a quello del 2011 (2 milioni 707mila 187 euro di cui 1.677.433, con 850 protesti, nel capoluogo).

Il Nord Sardegna. Si viaggia a due velocità. Il Sassarese frena e inizia a invertire la rotta con un -6,2 per cento rispetto al 2010. La provincia di Olbia-Tempio invece corre e inciampa: la locomotiva economica dell’isola ha chiuso il 2011 con +25 per cento di protesti. All’interno del dato complessivo – con 3855 protesti per un’insolvenza totale pari a 8 milioni 243mila 454 euro –, la Gallura detiene la fetta più grossa: 4.784.017 euro e un importo medio per effetto (cambiale o assegno) di 3.053 euro, il dato più alto in ambito regionale, con una crescita del 58 per cento rispetto al 2010. E pensare che nel 2009, l’anno in cui la crisi economica è esplosa, le cose andavano ancora peggio: nella provincia di Olbia-Tempio il numero dei protesti ebbe un balzo, da 710 a 1385 (+95,1 per cento). E il loro valore si moltiplicò a dismisura: oltre 7milioni di euro, +314,6 per cento rispetto al 2008, con una media di 5mila euro per assegno o cambiale non pagata. Nel 2010 c’era stata una ripresa: il numero dei protesti era calato del 9,5, il valore complessivo del 57, l’importo medio di ciascuno del 53 per cento. Poi, a gennaio del 2011, di nuovo il trend negativo che si è mantenuto sino alla fine dell’anno.

I Comuni. Olbia è in testa, quasi irraggiungibile, a seguire Sassari. Nel Nord Sardegna un alto numero di protesti anche ad Alghero. Nel dettaglio: in Gallura, su 1568 cambiali e assegni, 1566 arrivano da Olbia. Gli altri 2 dal comune di Luogosanto, per un valore di 10.625 euro. Sassari nel 2011 contava 1462 protesti, per un controvalore di 2.419.197 euro. Ad Alghero erano invece 789, per un totale di un milione e spiccioli. Oristano va peggio della Riviera del Corallo: 850 protesti, 1.677.433 euro da saldare. Tra i comuni della provincia di Oristano, colpisce il dato pesante di Arborea, quasi certamente determinato dalla crisi del comparto agricolo: a fine 2011 l’insolvenza ammontava a 283mila euro. Poco più di 150mila euro per Cabras, tra cambiali (129) e assegni (4).

La legge. Quando un debito non viene pagato entro la scadenza stabilita, un pubblico ufficiale (per esempio un notaio), compila l’atto di protesto e comunica i dati del cattivo pagatore alla Camera di commercio competente per territorio. A quel punto il debito è entrato nella fase esecutiva e scatta il cosiddetto periodo di tolleranza. L’insolvente ha a disposizione un certo periodo di tempo (normalmente un mese, ma ultimamente i tempi si sono allungati) per saldare il debito. Se non lo fa, accadono due cose. Subisce un pignoramento (se il creditore va avanti nell’attività giudiziale) e il suo nome viene inserito nel pubblico registro informatico dei protesti per 5 anni, trascorsi i quali la cancellazione avviene automaticamente. Ma se nel frattempo il debito viene estinto (con gli interessi ed eventuali spese legali), l’ormai ex cattivo pagatore ha diritto alla riabilitazione entro 12 mesi.

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