La Nuova Sardegna

Referendum, Silvio Lai schiera il Pd: «Giusto andare alle urne»

di Filippo Peretti
Referendum, Silvio Lai schiera il Pd: «Giusto andare alle urne»

Il segretario democratico lascia libertà di scelta: «Enti intermedi da riformare» Piras (Sel) dice «No» all’abolizione delle Province, Cumpostu propone otto «Sì»

02 maggio 2012
3 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. Mentre solo domani il tribunale dirà se domenica 6 maggio si voterà anche per i quattro referendum che puntano ad abrogare le nuove Province sarde, i segretari di alcuni partiti hanno deciso ieri di schierarsi apertamente. Silvio Lai (Pd) ha lasciato libertà di voto pur anticipando le proprie scelte ma soprattutto ha suggerito ai propri elettori di «recarsi alle urne» per «difendere la politica con l’esercizio della democrazia». Lai si è mostrato infastidito dalla pressione esercitata dal movimento referendario: «Le polemiche ingiustificate contro i partiti favoriscono la crescita dell’antipolitica, noi ci siamo pronunciati da tempo nelle riunioni dei nostri gruppi dirigenti e infatti avevano chiesto che si tenesse l’election-day proprio per favorire la partecipazione». Critiche ai referendari sono state rivolte da Michele Piras (Sel) e Bustianu Cumpostu (Sardigna Natzione), i quali hanno affermato, riferendosi ai Riformatori, che «i partiti che si riconoscono nel movimento avrebbero fatto meglio a lavorare in Consiglio regionale».

I suggerimenti di Lai. Il segretario regionale del Pd ha spiegato che «in questo momento l’impegno dei partiti deve essere quello di favorire il dibattito e la partecipazione». Sulle Province ha affermato che «la soluzione delle 8 non ha ottenuto il risultato sperato ma cancellando le nuove il problema resterà». La soluzione «l’abbiamo suggerita nella conferenza programmatica di Baradili, con il superamento dell’attuale Regione centralista e con la riforme degli enti intermedi e dei Comuni».Sul referendum che chiede le primarie per la scelta dei candidati governatori «il Pd è da sempre favorevole», il taglio dei cda di enti è agenzie «non solo è apprezzato ma è già stato praticato da noi nella passata legislatura». No, invece, alla proposta dell’assemblea costituente per la revisione dello Statuto. Sì, infine, alla riduzione a 50 del numero dei consiglieri regionali: «È la proposta che abbiamo presentato in Parlamento». In ogni caso, ha detto Lai scrivendo ieri su Facebook, «il 6 maggio occorre andare a votare perché è un segno di salute democratica». Secca rfeplica ai referendari: «E’ stucchevole il dibattito sulla presunta assenza dei partiti. E non si può pretendere che essi parlino con voce sola su temi su cui sono divisi persino i costituzionalisti».

I No di Sel. Il segretario Michele Piras si è schierato in difesa delle Province: «Una Regione come la Sardegna non può essere governata senza enti intermedi di rappresentanza delle specificità territoriali». Comunque «si rende necessario un ripensamento profondo dello schema attuale». Il partito di Sinistra ecologiae libertà«lascia libera la coscienza dei suoi elettori». L’auspicio è che «al più presto si apra una ampia sessione di profonde riforme della Regione e del suo rapporto con lo Stato nazionale». Piras si è detto contrario anche alla riduzione a 50 del numero dei consiglieri regionali: «E’ equilibrata la riduzione a 60 già adottata dal Consiglio regionale e che prosegue il suo iter nel Parlamento». Inolre Piras voterà No all’elezione diretta del presidente della Regione: «Il presidenzialismo è una delle cause di tanti dei mali della politica contemporanea». Voterà, invece, Sì per l’Assemblea costituente per garantire «un’ampia partecipazione popolare alle scelte per il futuro dell’isola». Infine il segretario di Sel ha detto d essere favorevole alla cancellazione dei cda degli enti e alla riduzione delle indennità dei consiglieri regionali.

Gli otto Sì di Sn. Bustianu Cumpostu, storico leader di Sardfigna Natzione ha criticato la scelta di chiedere dieci referendum: «Così si rischia – ha spiegato – di indebolire questo importante strumento di consultazione popolare». Sui primi cinque referendum (quattro abrogativi delle nuove Province e uno consultivo sull’abolizione anche di quelle storiche) ha detto di essere favorevole perché «sono un’occasione per destabilizzare la struttura coloniale dello Stato italiano». Tre sì anche per l’assemblea costituente, perla riduzione delle indennità dei consiglieri regionali e per l’abolizione dei cda di enti e agenzie. Due, invece, i No. Il primo è sulla riduzione a 50 dei seggi in Consiglio regionale: «Ridurebbe gli spazi di democrazia». L’altro No (rifiuto della scheda o annullamento) è sulle primarie per la scelta del governatore.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
L’industria delle vacanze

Tassa di soggiorno, per l’isola un tesoretto da 25 milioni di euro

Le nostre iniziative