La Nuova Sardegna

Il mito di Mastru Juanni, simbolo dell'atavica fame di tutte le genti di Sardegna

Manlio Brigaglia
Qui a destra un’antica stampa con costumi sardi Lunedì a Nuoro è stato presentato il saggio di Salvatore Tola dedicato alla figura di Mastru Juanni
Qui a destra un’antica stampa con costumi sardi Lunedì a Nuoro è stato presentato il saggio di Salvatore Tola dedicato alla figura di Mastru Juanni

Salvatore Tola ha dedicato un ampio saggio all'antica leggenda che per secoli ha terrorizzato l'isola colpita da ricorrenti carestie

15 marzo 2012
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Mastru Juanni. C'è, nella tradizione popolare sarda, un personaggio misterioso: che oggi pochi conoscono, ma che attraverso i secoli ha terrorizzato l'isola. Si chiama Mastru Juanni, Juanne, Giubanne. Il nome suona in galurese e logudorese, perché la sua fama sinistra è rimasta soprattutto in Gallura e nel Logudoro, arrivando a toccare le propaggini alte del Nuorese. È il simbolo della fame.  E «Il cavaliere della fame» è intitolato l'ampio saggio che gli ha dedicato Salvatore Tola: edito nella collana dell'Istituto Superiore Etnografico della Sardegna, presentato lunedì scorso a Nuoro nella sede dello stesso istituto da Natalino Piras e Paolo Pillonca, alla presenza dello stesso autore.  Come mai di lui si parla e si conosce così poco? È la domanda da cui è partito lo stesso Tola. La fame è una presenza quotidiana nella storia della Sardegna. Anzi, nella storia di tutta Europa, praticamente da quando esiste l'Europa (e il mondo mediterraneo: anzi, ogni altro continente) sino a non molti decenni fa: almeno nelle nelleregioni che si sono potute liberare della maledizione delle carestie ricorrenti e della povertà della terra.  In Sardegna i secoli sono contrassegnati da carestie e fame: diventate elementi ineliminabili del vissuto quotidiano tanto delle campagne quanto delle città, all'origine di un serie ininterrotta di proteste, disordini, rivolte.  La Sardegna ha uno straordinario patrimonio di testi poetici.  Perché dunque, in migliaia di migliaia di versi il nome di Mastru Juanni compare così raramente?  Una tesi che Tola cerca di dimostrare nel suo saggio è che, in un'isola dominata da potenti signori e controllata da un clero alleato spesso del trono più che dei poveri «de sas biddas», la poesia dedicata a raccontare le male imprese di Mastru Juanni ha finito per cadere sotto una sorta di «congiura del silenzio» perché poesia di protesta, a suo modo intrinsecamente rivoluzionaria.  Perfino lo Spano (ma insieme con lui anche eminenti studiosi delle tradizioni popolari isolane) non parla di Mastru Juanni. La prima raccolta di testi popolari in cui appaia è quella di Giuseppe Ferraro, pubblicata nel 1891.  Nella sua antologia di «Canti popolari in dialetto logudorese» figurano tre brevi di composizioni che parlano di Mastru Juanni: ma, sottolinea Tola, collocandole sotto l'incongruo sottotitolo «Pro ispassu de sos pitzinnos», l'autore mostra di non aver capito con chi e con che cosa aveva a che fare.  Fatica lodevole (anzi lodevolissima) di Tola è stata dunque quella di raccogliere, nella sezione antologica del suo libro, 18 componimenti (di cui tre anonimi) provenienti da dieci centri, collocati tutti nella Sardegna centro-settentrionale (Benetutti, Bono, Bonorva, Nule, Orune, Osilo, Pattada, Sassari, Tissi e Torralba), che permettono di delineare meglio la misteriosa figura (peraltro così chiara nel suo significato allegorico) e le sue caratteristiche: è un forestiero, magro e malvestito, povero ma insieme prepotente, aggressivo e violento, che appare nei villaggi non appena le vettovaglie cominciano a scarseggiare (il grano in particolare, perché alimentazione, nel passato, voleva dire soprattutto pane), invadendo le case, ospite sempre temuto e sempre sgraditissimo.  I testi si configurano così quasi come racconti in versi, con i tratti di una commedia amara in cui il riso della maschera (perché Mastru Juanni è personaggio a suo modo fortemente teatrale) volge sempre in tragedia.  Manca, nell'antologia, la «Canzona di Mastru Juanni», un testo tempiese di oltre mille versi, scritto alla fine dell'Ottocento, e pubblicato da Salvatore Sechi (tanto per identificarlo meglio, consigliere giuridico del presidente della Repubblica) alcuni anni per le Edizioni Della Torre: più di mille versi di irrefrenabile comicità/tragicità, un autentico piccolo capolavoro in cui la figura di Mastru Juanni - nata, sostiene Tola, dalla fantasia popolare isolana, dunque totalmente autoctona - celebra i suoi crudeli trionfi sulle plebi dei villaggi, simbolo delle avversità della natura ma anche della arroganza dei potenti.
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