La Nuova Sardegna

Sul grande schermo i volti degli ultimi

Giulio Angioni

De Martino e Cagnetta dietro il suo impegno

30 novembre 2011
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Vittorio De Seta, siciliano di nascita, calabrese per origine materna e poi per residenza, come rilevante uomo di cinema oltre che grande intellettuale impegnato è soprattutto sardo, barbaricino, orgolese, come ha stabilito la cittadinanza offertagli da Orgosolo qualche anno fa.  Non si può ricordare Vittorio De Seta se non principalmente per quanto ha fatto da cineasta sulla Sardegna. Dopo alcuni documentari ormai famosi degli anni Cinquanta sulla vita di contadini, pescatori e minatori della Sicilia, della Calabria e della Sardegna (due sono sul pastoralismo sardo: «Pastori di Orgosolo» e «Un giorno in Barbagia» del 1958) la sua opera più importante è «Banditi a Orgosolo», premiato a Venezia nel 1961. Nella storia mondiale del cinema questo capolavoro è da considerare una grande fiction realistica, ovvero, forse più propriamente, sintesi rara di racconto e di documentario. Il film premiato dalla Mostra del cinema come migliore opera prima è tipico di quell'impegno politico e di ricerca sociale proprio degli anni del secondo dopoguerra. Anni che, come scrisse Ernesto de Martino, segnarono in Italia l'«irruzione nella storia delle classi strumentali e subalterne», specialmente del meridione e delle isole.  Quei vent'anni circa si devono ormai caratterizzare anche per l'impegno di cineasti come il De Seta di «Banditi a Orgosolo» o il Visconti di «La terra trema», quanto per l'opera di scrittori come Carlo Levi del «Cristo si è fermato a Eboli» o il Paolini di «Una vita violenta». Gli anni del neorealismo, bisognerebbe ancora chiamarli, con molta verità storiografica, per lo meno in rapporto all'opera complessiva di un De Seta, aristocratico di origine come Visconti, che ha documentato e rappresentato le dure forme di vita e di lavoro dei ceti proletari meridionali, per ripetersi creativamente da ultimo, nel 2006, nel documentare e rappresentare la dura vita degli immigrati africani con «Lettere dal Sahara».  Certamente l'opera di Vittorio De Seta è stata quella di un cineasta a tutto tondo, grande documentarista premiato a Cannes, grande regista premiato a Venezia, ma anche autore di serial televisivi, che per la sua opera migliore, «Diario di un maestro», del 1972, ha incontrato ancora la Sardegna nella persona di Albino Bernardini, autore di «Un anno a Pietralata», da cui deriva quella miniserie televisiva di De Seta, con un indimenticabile Bruno Cirino nei panni del pedagogo e scrittore di Siniscola.  I documentari di De Seta, sia quelli brevi che si proiettavano in sala nei primi decenni del dopoguerra prima del film in programma, sia il grande lungometraggio di fiction «Banditi a Orgosolo», tutti rigorosamente in bianco e nero, sono tra le cose migliori di ogni tempo sulla Sardegna. E sono da considerare pure tra le cose migliori della cinematografia sulla Sardegna, anche dal punto di vista della documentazione cinematografica antropologica, o più precisamente etnografica. Infatti, tra l'altro, è utile ricordare che il gran lungometraggio e i brevi e densi documentari sardi di De Seta derivano sia dagli impegni etnografici di molti studiosi non solo italiani (come il De Martino di «Sud e magia» e»La terra del rimorso» o il Banfield del saggio «Le basi morali di una società arretrata») intorno al Mezzogiorno e alla sua «questione», sia anche, più direttamente, dal lavoro etnografico di un antropologo, Franco Cagnetta, che nei primi anni Cinquanta condusse una campagna di ricerca in Barbagia, pubblicata come «Inchiesta su Orgosolo» su «Nuovi Argomenti» nel 1954. Si può dire, col senno di poi, che quell'inchiesta etnografica provocò diverse cose più o meno positive.  Prima di tutto ci fu la denuncia, contro l'autore Franco Cagnetta, contro l'editore e i direttori della rivista «Nuovi Argomenti» (Alberto Moravia e Carocci), dell'allora ministro dell'interno democristiano Mario Scelba per vilipendio delle forze armate e altro ancora. Quel processo memorabile fu perso dal ministro Scelba, ma in pro della libertà di stampa, di opinione e soprattutto di ricerca scientifica, e provocò anche l'interesse per la Sardegna interna di tutta l'Europa e in particolare per Orgosolo. Il libro «Banditi a Orgosolo», che raccoglie tutti gli scritti di Cagnetta degli anni Cinquanta, usciva infatti prima in Francia nel 1963 e poi in Italia nel 1975. Ma intanto c'era già stato nel 1961 il suo frutto migliore, quel «Banditi a Orgosolo» che ha fatto entrare per sempre nella storia del grande cinema la Sardegna.
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