La Nuova Sardegna

La singolare tesi dello studioso Fausto Casula

«Il nome launeddas evoca una simbologia fallica»

Maria Antonietta Cossu
Accanto, uno scorcio di Abbasanta A destra, suonatori di launeddas
Accanto, uno scorcio di Abbasanta A destra, suonatori di launeddas

24 novembre 2011
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  ABBASANTA. L'origine del termine "launeddas" riveduta da una tesi originale e rivoluzionaria. L'ha formulata Fausto Casula, appassionato studioso di linguistica sarda, che nel libro "Launeddas. Origine del nome" confuta le teorie più accreditate sull'etimologia della parola. I risultati della ricerca sono stati discussi in un dibattito all'Agorà multimediale di via Guiso.  Gli studi più recenti fanno derivare il nome dell'antico strumento a canne dal termine latino ligulella, con il quale s'indicava l'ancia della tibia. Fausto Casula dissente da questa interpretazione, come dalle spiegazioni fornite in epoche anteriori, asserendo che il sostantivo sia frutto dell'evoluzione linguistica del termine "Ddedda", evocativo del simbolo fallico. «Si tratta di un vocabolo arcaico - spiega il padre della nuova teoria - che indica i segni maschio e femmina (generazione e nutrizione) della divinità musicale itifallica».  Ma com'è arrivato a questa spiegazione? Nel libro Casula racconta che questa convinzione si sia fatta strada nella sua mente osservando il bronzetto nuragico del VII-VI secolo avanti Cristo, rinvenuto nel territorio di Ittiri, che riproduce una divinità itifallica nell'atto di suonare lo strumento a fiato. Da qui la deduzione su cui fa perno l'originale teoria dell'autore abbasantese. «In quel momento mi sono reso conto - afferma Fausto Casula - che launedda non è il nome dello strumento a triplice canna, bensì della divinità che lo suona».  Oltre alla statuetta di Ittiri, a suffragare questa tesi è, secondo l'autore della ricerca, un manufatto in terracotta rinvenuto nel Sinis nel 1994 che ricorda le sembianze della «figura di ordine sacrale nell'atto di suonare lo strumento a fiato», un reperto che Casula fece riprodurre qualche tempo dopo il ritrovamento.  Lo studioso completa il ragionamento affermando che la radice della parola launedda sia frutto del repulisti fatto dalla Chiesa nel Medio Evo per mascherare l'origine pagana della desinenza. Alla desinenza sarebbe stata quindi aggiunta la radice latina laus-laudis-laude che, secondo le congetture dello scrittore abbasantese, avrebbe assunto la definitiva forma di laune per effetto delle variazioni subite dalla lingua parlata.
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