La Nuova Sardegna

La "gelata" dei buoni fruttiferi

Luigi Soriga
Alcuni buoni fruttiferi simili a quelli acquistati oggetto della vicenda Pensionato contesta la quota rimborsata dopo nove anni e sei mesi
Alcuni buoni fruttiferi simili a quelli acquistati oggetto della vicenda Pensionato contesta la quota rimborsata dopo nove anni e sei mesi

Pensionato: Poste Italiane promise il raddoppio ma paga un terzo

19 settembre 2011
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 SASSARI. Ha aspettato che il suo gruzzolo lievitasse per 9 anni e 6 mesi, dopodiché il signor Angelo, 65 anni, residente a Luna e Sole, si è presentato con un sorriso a trentadue denti agli uffici postali di via Forlanini. E ha battuto cassa.  Si era fatto bene i conti: quella mattina sarebbe uscito da quelle porte scorrevoli più ricco di 25mila euro. Infatti il 6 marzo del 2001 aveva acquistato sei buoni postali fruttiferi da 5milioni di lire ciascuno. Sul retro di ogni titolo erano riportate in bella vista le condizioni di rendimento: «Buono serie AF: l'importo raddoppia dopo 9 anni e 6 mesi e triplica dopo 14 anni, al lordo delle ritenute erariali». In più c'era il timbro postale e la firma dell'impiegato. Il signor Angelo, calcolatrice alla mano, aveva srotolato lo scontrino: «5milioni, moltiplicati per due, fanno 10milioni di lire. Se li converto in euro fanno 5mila 164. Detraggo il 12,50 per cento di ritenute, e ottengo 4mila 519 euro per Buono. Moltiplico per 6, ed ecco i 25mila euro».  Però anche l'impiegato, presi in mano i buoni, comincia a fare i conti: il sorriso del signor Angelo, raggioso a 32 denti, si trasforma in una specie di secca emiparesi. «Tremilatrecentotreeuro a buono? Non se ne parla nemmeno. Mi restituisca tutto e ci vediamo in tribunale». In pratica alle Poste non importa quello che c'è scritto sul retro del titolo di credito. Le regole sono diverse: ciò che conta è l'anno di emissione e i rendimenti disciplinati in quel periodo dalla Cassa depositi e prestiti dello Stato. E nel marzo del 2001, quando il signor Angelo ha ritirato dall'ufficio postale i buoni, era in vigore la serie A1, per la quale era previsto un rendimento del 35 per cento, e non il raddoppio dell'importo. Ed ecco giustificati i 3mila373 euro.  «Il buono cartaceo - spiegano all'ufficio postale - viene consegnato e personalizzato di volta in volta con l'apposizione di un tagliando nel quale è indicata la serie del buono in corso. Al cliente viene anche consegnato il foglio informativo che contiene oltre alle condizioni contrattuali, una specifica tabella dove vengono indicati per ciascun anno i tassi di interesse previsti. Alla data del 6 marzo 2001, quando sono stati emessi i sei buoni, erano in distribuzione i buoni postali a termine della serie A1 e non era possibile sottoscrivere serie differenti». In pratica le Poste italiane, nel 2001, avevano in giacenza buoni fruttiferi scaduti dal 97. Invece di distruggerli e sostituirli con quelli aggiornati, su indicazione del ministero li hanno riciclati apponendovi un tagliandino adesivo e consegnando ai clienti un foglio informativo. «A me non hanno mai dato nulla - ribatte il signor Angelo - mai visto tagliandini, nè foglietti, e mai firmato alcun contratto. E neanche l'ufficio postale, a quanto mi risulta, ha qualcosa di scritto che certifica che mi siano state fornite tutte le informazioni e io le abbia accettate. L'unica clausola che io conoscevo, che valeva allora e per me vale ancora, è quella riportata sul retro del Buono: e cioè che l'importo, trascorsi 9 anni e 6 mesi, deve raddoppiare. Non si possono cambiare le carte in tavola».  Il problema è che, come Angelo, centinaia di altri risparmiatori hanno investito in buoni fruttiferi: quanti di loro sorrideranno amaro?
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