La Nuova Sardegna

L’isola è appiedata, andava meglio con i Savoia

Sandro Roggio

Nel caos i trasporti marittimi ma vanno malissimo anche quelli interni

04 agosto 2011
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I sardi sono speciali per la capacità di sopportazione dei soprusi. Una circostanza che assume profili allarmanti di fronte al tema dei trasporti, la vita per un’isola. Una questione in primo piano pure nelle contorsioni di Cappellacci, molto oltre il caso Tirrenia. E che il risarcimento di un quarto delle spettanze Fas non attenua. La Sassari-Olbia è infatti un pezzetto di quello che ci serve.

Perché va decisamente peggio per la mobilità dei sardi: se si fanno le proporzioni andava meglio agli esordi della modernità (i Savoia che concedono la strada reale proiettano l’isola nella contemporaneità). Oggi va malissimo per i trasporti interni: l’inefficienza dei mezzi pubblici è indicatore di arretratezza nelle regioni europee. Qui continua a essere al primo posto la rete stradale, ma non si parla del trasporto collettivo inconsistente. Con effetti letali sul turismo: l’uso sconveniente delle navi con auto al seguito penalizza le attrezzature ricettive accessibili solo con il mezzo privato.

Ci fanno temere di più le tratte tra l’isola e le terre oltre il mare perché il viaggio per gli isolani è molto di più della metafora di cui scrive Claudio Magris. A una maggiore richiesta di spostamento la risposta ai sardi l’ha data Ryanair, imprevista pure da chi sa tutto di economia dei trasporti. Nei flussi turistici alimentati dal low cost non c’entrano le abilità dei governi locali.

E fa sorridere la propaganda sui numeri in crescita nell’aeroporto quello o quell’altro che certificherebbero la capacità di attrazione di una riviera e la forza di promozioni che senza la compagnia irlandese servirebbero a poco. Ma attenzione: Ryanair non è per sempre, il libero mercato va come lo porta il negozio globale, e il turismo, come sappiamo, è roba volatile.

La flotta sarda. Colpiscono le vanterie per l’iniziativa trimestrale e poi chissà (sapremo i costi rispetto ai benefici a consuntivo). Per ora stiamo pagando la rinuncia di Cappellacci ad aprire una vera vertenza con lo Stato, la sola linea che avrebbe potuto colmare la debolezza della rappresentanza parlamentare per via del numero di abitanti-elettori pochissimi (molti meno nel 1821 quando è iniziata l’avventura della grande strada sostenuta a corte dagli aristocratici del Capo di Sopra Manno, Manca di Villahermosa, Boyl.

La Sardegna non conta nulla per la monarchia berlusconiana, zero nella programmazione economica del governo: non c’è un euro per l’isola nel bilancio di Berlusconi, nessun progetto per la crescita. Mentre è evidente l’attenzione e la spesa straordinaria su altre aree con opere contrastate, si pensi alla Tav, 20 miliardi di investimento per cominciare. Ma se stiamo alle isole italiane, la più grande e la più piccola, si capisce la nostra irrilevanza e la pochezza dei fondi Fas. La Sicilia incassa tra l’altro il ponte sullo Stretto di Messina che non risponde a logiche trasportistiche, ma impiegherà una decina di miliardi di euro, e solo per le piccole spese per l’avvio lo Stato ha già speso 4-500 milioni di euro.

La Sicilia ha la continuità garantita da un tale numero di traghetti che non c’è alcuna richiesta da parte dei pendolari. Il ponte è solo un grande affare - com’è ampiamente noto. Si guardi infine l’isola d’Elba e si vedrà con sorpresa che i circa 30mila abitanti contano su traghetti ogni ora (10 km da Livorno) e su voli giornalieri per Firenze, Pisa, Milano e per numerose città d’Europa. L’isoletta, per la quale la Regione Toscana si batte davvero, misura 200 kmq. Basta per riflettere?
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