La Nuova Sardegna

Ciusa e l'altare demolito in Cattedrale

Gianluca Corsi
Ciusa e l'altare demolito in Cattedrale

Lutzu riporta alla luce un antico intrigo giudiziario

21 giugno 2011
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NUORO. Lo "Sherlock Holmes" di storia e arte nuorese colpisce ancora. Dopo il rinvenimento, a "Sa 'e Manca", della lapide attribuita al futurista Giacomo Balla, infatti, il ricercatore Mariano Lutzu ha portato alla luce un'altra vicenda dimenticata. Una specie di intrigo giudiziario che ha per protagonista il padre della scultura moderna in Sardegna, Francesco Ciusa, contrapposto a uno dei personaggi più influenti della chiesa nuorese di inizio Novecento, il canonico Giovanni Daddi, parroco della cattedrale. Al centro della diatriba un altare di Ciusa, oggi scomparso. Mariano Lutzu ha pubblicato il resoconto di quest'avvincente scoperta nel numero di aprile di "Sardegna Mediterranea", rivista fondata e diretta da Dolores Turchi.

«Stavo effettuando una ricerca nell'Archivio della Curia Vescovile di Nuoro - spiega lo stesso Lutzu -, quando mi ha colpito un'annotazione in un verbale del Capitolo della Cattedrale, datato 2 giugno 1919, dove il presidente del Capitolo chiedeva al parroco a che punto fosse la costruzione del nuovo altare della cappella del Santissimo. Si evinceva che erano stati accordati al parroco e "allo scultore Ciusa" due mesi per arrivare a un componimento amichevole, in caso contrario si sarebbe proceduto per le vie legali».

Quando il ricercatore nuorese ha letto quel cognome illustre, gli si è accesa in testa la classica lampadina. E il fiuto infallibile lo ha convinto a proseguire nella ricerca. E così, scorrendo lo stesso registro, ecco un altro verbale, del 19 gennaio 1920, in cui il Capitolo della chiesa madre di Nuoro sollecitava la nomina di un ingegnere che si occupasse di eseguire una perizia dell'altare, così che il Canonico Daddi potesse chiedere al tribunale il permesso di demolirlo, «per costruirne un altro più decente nell'interesse e decoro della Cattedrale».

Ma la conferma che il Ciusa in questione è il Francesco premiato alla Biennale di Venezia per "La madre dell'ucciso", Lutzu l'ha avuta consultando le sentenze conservate nell'Archivio di Stato, emesse da Pretura e Tribunale civile di Nuoro tra il 1910 e il 1922. Quelle carte giudiziarie dimenticate hanno rivelato a Mariano Lutzu una stori degli inizi del 1910, quando il parroco della Cattedrale di Nuoro aveva commissionato al celebre scultore la progettazione di un altare in marmo da destinare a una delle cappelle laterali della chiesa, quella intitolata al Santissimo.

L'opera sarebbe costata 2400 lire: di cui 2100 da dare allo scultore nuorese come anticipo, e le restanti 300 a lavoro ultimato. Fin qui tutto a posto. I problemi sorgono un anno dopo, quando l'altare, realizzato su disegno di Francesco Ciusa dalla ditta Mauri Revaelli, arriva a Nuoro ed è pronto per il montaggio. Il 26 ottobre 1911 Ciusa cita il parroco in giudizio, accusandolo di aver causato lunghi ritardi ai lavori e di non avergli corrisposto le 300 lire a saldo di quanto pattuito. Daddi, assistito dall'avvocato Satta Marchi, ammette di non aver pagato, ma si lamenta del fatto che l'altare costruito da Ciusa non rispetta le esigenze liturgiche e le regole architettoniche. Ne nasce una vicenda giudiziaria che va avanti alcuni anni.

«I giudici - conferma Mariano Lutzu - si sono ben guardati dal dare un giudizio artistico sull'altare, basandosi sempre sul mancato rispetto degli accordi contrattuali». L'ultima sentenza risale al 2 marzo 1915, con la richiesta da parte del tribunale di una perizia che accertasse la mancata corrispondenza dell'altare all'uso e alla destinazione per i quali era destinato. Poi più niente, anche se i documenti della Curia attestano come, nel 1920, la diatriba non si fosse ancora conclusa. A quell'anno dovrebbe risalire anche la demolizione dell'opera ideata da Francesco Ciusa.
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