La Nuova Sardegna

Cimitero, spunta un'opera di Giacomo Balla

Gianluca Corsi
La lapide attribuita a Balla A destra l’opera di Ciusa
La lapide attribuita a Balla A destra l’opera di Ciusa

Scoperta una lapide marmorea attribuita al grande futurista

26 maggio 2011
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 NUORO. Una lapide marmorea polverosa e ingiallita dal tempo, opera del grande futurista Giacomo Balla, seminascosta tra i rovi e le cappelle funebri delle famiglie storiche di Nuoro. A Mariano Lutzu, classe 1966, appassionato ricercatore nuorese, non è sembrato neanche vero quando, nel suo peregrinare tra cipressi e sarcofaghi, si è imbattuto nell'opera d'arte. Una grande croce in marmo bianco, contornata da un intreccio di motivi floreali, su cui è inciso il nome della defunta: Musso Rosina, vedova Gambetta, nata a Savona il 7 ottobre 1955 e morta a Nuoro il 16 marzo 1907. E in basso, sulla destra, è ancora ben leggibile la firma "Balla".  «È stata una scoperta casuale - spiega Lutzu, autore della guida, fresca di stampa, "Sa 'e Manca. Memoria e arte nel cimitero di Nuoro" -, ma quella lapide mi aveva colpito fin da subito: si capisce che non è opera di mani locali. La firma di Balla ha fatto il resto. E così mi sono messo alla ricerca di indizi e persone che confermassero l'affascinante ipotesi». E i riscontri sembrano portare tutti alla stessa conclusione: quel monumento funebre è dell'artista torinese, diventato esponente di spicco del Futurismo italiano. L'uso di spirali e motivi floreali, e lo stesso stile della firma con il solo cognome, sottoposti all'esame di cultori ed esperti, hanno confermato l'autenticità della lapide. «Piuttosto che un'opera commissionata direttamente all'artista - precisa il ricercatore nuorese, laureato in lettere a Cagliari - sono propenso a credere che sia giunta a Nuoro tramite qualche grossista di manufatti funerari realizzati nella Penisola». Sia come sia, è comunque una notizia che tra i cippi funerari del camposanto storico di "Sa 'e Manca" - vero "luogo dell'anima", reso immortale da Salvatore Satta nel capolavoro "Il Giorno del Giudizio" - compaia anche una creazione di Giacomo Balla. Senza contare che l'opera è in buona compagnia. Nel volume di Lutzu, infatti, sono recensite sculture dal forte significato simbolico realizzate da artisti conosciuti e apprezzati a livello nazionale. I nomi sono quelli del calabrese Vincenzo Ierace (autore anche della bronzea statua del Redentore sul monte Ortobene), che al cimitero nuorese ha lasciato traccia della sua arte: si tratta dei bronzi ottagonali posti sulla tomba della famiglia Mura-Floris e del busto marmoreo del canonico Pasquale Lutzu. A Sa 'e manca operò anche il piemontese Giuseppe Sartorio che, nel 1899, realizzò diversi monumenti funebri (su commissione della famiglia Cosseddu Raimondi, Cece-Carloni, Carloni e Bertolini e Pirisi-Siotto, ma anche la tomba della famiglia Mura-Musina-Murgia e il monumento a Pasquale Campanelli), ma anche Federico Fabiani (tomba della famiglia Nieddu-Semidei).  In tempi più recenti, altri artisti, come Gavino Tilocca, Giuseppe Silecchia, Pietro Longu e Pietro Costa hanno contribuito ad arricchire con le loro opere il cimitero.  Un'altra opera riscoperta da Mariano Lutzu, finora mai recensita, o comunque dimenticata, è il bassorilievo marmoreo che Francesco Ciusa ha realizzato all'interno della cappella Ciusa-Gasole per la nipote Piera. A conferma che il cimitero di Nuoro - profluvio di memorie, intelligenza e creatività - ha tutte le carte in regola per diventare una meta interessante per l'itinerario turistico-culturale che da qualche tempo interessa la città.
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