La Nuova Sardegna

Mercoledì portate vie le sessanta bestiole rimaste a Li Gadduffi dopo le tensioni del primo trasferimento risalente a metà aprile

Via anche l'ultimo animale dal canile abusivo

Via anche l'ultimo animale dal canile abusivo

C'erano topi grandi come gatti. Il volontario: «Pulivamo sempre». La vicina: «Fine di un incubo»

22 maggio 2011
3 MINUTI DI LETTURA





 SASSARI. A vederlo con le gabbie vuote, i topi grandi come gatti che sgattaiolano nonostante gli intrusi, e l'odore fortissimo di pipì a torturare le narici, non fa un bell'effetto. Eppure per impedire il trasferimento delle bestiole dal canile di "Li Gadduffi", vicino alla Motorizzazione, il 18 aprile si era scatenata la bagarre tra vigili e volontari dell'associazione animalista "Amico Cane".  Mercoledì c'è stata meno tensione, anzi gli ultimi sessanta quattro-zampe hanno lasciato il ricovero senza i flash dei fotografi. Nessuno se n'è accorto. Tranne una persona: Nicoletta Sanna, l'infermiera dell'Ail che dal 1995 viveva suo malgrado a 50 metri dalla baraccopoli per cani. Fino a metà aprile ce n'erano 268. «Non si può immaginare cosa significa sentirli abbaiare notte e giorno», si sfoga quando anche l'ultima coda ormai non c'è più. «È la fine di un incubo, che ha inciso anche sulla fine del mio matrimonio». La sua villetta grigia, con garage accanto all'ingresso, circondata da un grande prato, confina con l'ex canile di Amico Cane. Nel tempo quel muro è diventato come una cortina d'odio. Tra lei e i volontari che curavano le bestiole, non è mai corso buon sangue, nonostante anche lei ami gli animali. «Ma lì ci stavano malissimo». Le cucce fatte di rete in metallo, alte circa 1,80 metri, lunghe minimo due, non sembrano suite. E gli enormi bidoni che i volontari in questi giorni stanno portando via fanno pensare a cumuli di escrementi. I grossi ratti, poi, sono praticamente padroni. Ma non per colpa di chi lo gestiva. «Noi pulivamo due volte al giorno. I cani stavano bene, mangiavano sempre», è la difesa di un volontario che da mattina a sera raccoglie rifiuti, mette ordine, cerca di portare via ciò che può servire nell'altro rifugio gestito dall'associazione, prima che arrivino le ruspe del Comune. «Non li abbiamo mai trattati male, d'estate montavamo una grande tenda per difenderli dal sole», spiega il volontario, chiarendo anche le ragioni di quella protesta, di quando i volontari volevano impedire il trasferimento. «Volevamo soltanto sapere dove li stavano portando», spiega con pacatezza, prima di tornare al lavoro.  C'è invece grande entusiasmo nella voce di Nicoletta Sanna, 63 anni portati benissimo, un'ossessione lunga dieci anni per quei guaiti che le turbavano notti e giornate intere. «A preoccuparmi di più era il rischio igienico. Solo nel 2000 un veterinario aveva censito 100 roditori, e da allora non c'è stata più una rattizzazione. Quando la faranno ora? E chi se ne occuperà?» La battaglia contro il canile è durata per 16 anni. Lei ha scritto al giornale, raccolto prove sui topi (vedi foto nel testo), chiamato i carabinieri. «Per fortuna alla fine il Comune ha capito che si trattava di un canile abusivo».  Ora le bestiole sono ad Arzachena e ad Osilo, seguiti dagli stessi volontari che li avevano raccolti per strada e li avevano curati in condizioni difficili. Presto andranno a Campanedda, in una struttura nuova di zecca. (e.l.)
In Primo Piano
Calcio Serie A

Al Cagliari non basta un gran primo tempo: finisce 2-2 la sfida con la Juve

di Enrico Gaviano
Le nostre iniziative