La Nuova Sardegna

E i nuragici presero la luna

Walter Porcedda
L’archeoastronomo Arnold Lebeuf ieri a Cagliari (foto Mario Rosas)
L’archeoastronomo Arnold Lebeuf ieri a Cagliari (foto Mario Rosas)

Arnold Lebeuf: «Il sito di Santa Cristina è un osservatorio»

04 maggio 2011
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«Il pozzo nuragico di Santa Cristina? Un osservatorio astronomico perfetto. Un sistema raffinato per calcolare un fenomeno di grande complessità come quello delle fasi lunari e prevedere le eclissi». Sembra non avere dubbi Arnold Lebeuf, francese archeoastronomo, docente di storia delle religioni presso l'università di Cracovia che scoprì per caso l'esistenza del pozzo sacro nel 1973, in un convegno in Bulgaria, grazie a un articolo di Carlo Maxia ed Edoardo Proverbio. Molti anni dopo, nel 2005, approdò nell'isola per compiere ricognizioni e studi approfonditi ora raccolti nel volume, «Il pozzo di Santa Cristina, un osservatorio lunare» (edizioni Tlilan Tlaplan) che l'autore ha presentato ieri nella sala dei Salesiani. Oltre duecento pagine, tra testi, calcoli scientifici, splendide foto (in parte realizzate dal fratello Guillaume e Tomas Stanco) che raccontano una tesi sbalorditiva. Tremila anni fa su quell'altopiano a due passi dalla Statale 131, i nuragici edificarono, nell'arco di diversi anni, una elaboratissimo osservatorio. Tale da suggerire conoscenze astronomiche e scientifiche avanzatissime in un'epoca così lontana. Un fatto probabilmente unico nella nostra geografia occidentale.

E così sul sito archeologico improvvisamente sembrerebbe accendersi una luce e allo stesso tempo aprirsi un enigma. Perché di quel raffinato sapere nuragico non è rimasta traccia? Si deve forse rivedere la tesi il pozzo fosse dedicato al culto delle acque?

«L'uno non esclude l'altro - risponde Lebeuf - Era un tempio delle acque come tantissimi altri nell'Isola. Qui, come citavano già Maxia e Proverbio nel loro articolo, la luna si rispecchia nel fondo del pozzo ogni 18,6 anni. Si chiama il ciclo del drago. Quando lo vidi nel 2005, costruito con le pietre e i gradini a degradare restai impressionato. E mi chiesi: se davvero si può verificare che la luce della luna ogni 18 anni giunge nel fondo del pozzo vuol dire che negli altri anni arriverà ad altri livelli. E questo significa che il sito non è più solo un luogo rituale, ma forse, un autentico strumento scientifico. Cioè un osservatorio. Non ha nulla a vedere con l'orientamento dei templi o delle chiese. A Santa Cristina è qualcosa di diverso e straordinario. Soprattutto per l'epoca: mille anni prima della nostra era. Qualcosa da far venire il mal di testa agli storici della scienza».

Lebeuf è anche cosciente di eventuali polemiche sulla sua teoria. «Ci saranno studiosi che non saranno d'accordo, ma per me, in base ai risultati delle osservazioni e dei calcoli, l'eccellenza della sua realizzazione è di tale precisione che per un solo istante si possa pensare sia frutto del caso. Ci sono troppi elementi concomitanti che vanno tutti nella stessa direzione, e complementari gli uni con gli altri, che fanno del sito un autentico apparecchio di osservazione scientifico.

Come sono riusciti a costruirlo? Occorre una perfetta conoscenza delle teorie lunari, la cosa più difficile da studiare nell'astronomia. Poi bisogna disegnare un progetto perfetto. Non si può costruire mano a mano che si osservano le fasi del satellite. È stato pianificato punto per punto prima di scavare sulla roccia. Sapevano esattamente cosa avrebbero costruito. Un lavoro di maestria straordinaria che tuttora non riesco ancora a comprendere fino in fondo».
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