La Nuova Sardegna

Pdl, scontro sul commissariamento Alt di Diana: "Non ci servono tutele"

Filippo Peretti
Mario Diana
Mario Diana

Il capogruppo Mario Diana si dice contrario all’ipotesi di un commissariamento del partito ma favorevole a un rimpasto in Giunta. I dissidenti tornano all’attacco, sarebbero vicine decisioni romane (si parla dell'arrivo di Comincioli). Mosse di Uds e socialisti

17 giugno 2010
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CAGLIARI. Esplode nel Pdl lo scontro dopo la batosta elettorale. Il capogruppo Mario Diana si è scagliato contro l’ipotesi del commissariamento del partito (circola l’ipotesi di Romano Comincioli) e difende il coordinatore Mariano Delogu, ma dice «sì» al rimpasto con l’ingresso di politici nella giunta di Ugo Cappellacci.

La sconfitta alle Province (2-6) e nei Comuni con più di quindicimila abitanti (1-5) ha provocato un terremoto. I dissidenti del Pdl, sul piede di guerra da più di un anno, ieri sera si sono riuniti in un ristorante del quartiere Marina, a due passi dal Consiglio regionale. Guidati dal portavoce Nanni Campus e da uno dei promotori, Ignazio Artizzu, coordinatore dei finiani sardi, i dissidenti non hanno voluto fare anticipazioni. Ma è certo che chiederanno un profondo cambiamento nel partito (il loro bersaglio è sempre stato Delogu) e anche nella giunta (sin dall’inizio ne hanno contestato il «cagliaricentrismo»).

Gli stessi dissidenti si rendono conto che una traumatica «rimozione» di Delogu è improbabile per il peso e per i rapporti del senatore ex sindaco di Cagliari. Per questo stanno seguendo con cautela e attenzione l’evolversi della situazione nazionale nel partito e in particolare l’ipotesi, circolata due giorni fa, della nomina di un commissario regionale. Potrebbe essere il senatore Romano Comincioli, braccio destro del Cavaliere e grande conoscitore della Sardegna, oltre che collaudato mediatore nel Pdl sardo e nel rapporto con gli alleati.

In difesa di Mariano Delogu si è schierato ieri Mario Diana. «Non si deve colpevolizzare nessuno, ciascuno - ha detto il capogruppo - si assume le proprie responsabilità e non solo nel partito. Il coordinatore ha agito in maniera coerente con le indicazioni del coordinamento nazionale e dalla coalizione e continua ad avere la nostra massima stima». Diana ha affermato di essere «totalmente contrario a qualsiasi ipotesi di commissariamento del partito» perché «non abbiamo alcuna necessità di essere messi sotto tutela». E’ un no all’ipotesi di Comincioli? «Il mio giudizio - ha risposto Diana - non è sulle persone, è sul commissariamento». Cosa c’è da fare dopo la sconfitta? «Bisogna saper ragionare - ha affermato - sia nel partito sia nella coalizione. Delle elezioni ne parlerà presto il nostro coordinamento. E’ sbagliato pretendere riunioni immediate, non sono cose che si possono discutere serenamente l’indomani».

Diana come spiega la sconfitta? «L’avevo detto prima, il voto politico è quello del primo turno e noi eravamo in vantaggio. Ai ballottaggi si vota sui competitor fuori da logiche politiche. Certo, l’assenteismo ha colpito più la destra, ma forse è dovuto alla grande battaglia del Pdl sull’abolizione delle Province, l’abbiamo talmente caldeggiata che gli elettori hanno condiviso la nostra posizione non andando a votare. E’ un’ipotesi». E i contrasti interni? «Certo, hanno pesato». Si risolverà il caso del senatore ribelle Piergiorgio Massidda? «E’ sanabile a livello nazionale, se deve esserci qualche chiarimentoa livello regionale, ben venga». Dovranno esserci dei cambiamenti nella giunta di Ugo Cappellacci? «E’ una valutazione - ha detto Diana - che va fatta non dal Pdl ma dal presidente con tutta la coalizione». Il rimpasto? «Credo che una riflessione vada fatta con serenità, credo che sia necessario». Con innesti politici? «Sì, certo».

Si qui Mario Diana. E nella coalizione c’è chi spinge per un chiarimento profondo. Esigenza di cui si è fatto portavoce Mario Floris. «I risultati dei ballottaggi nelle Province e nei Comuni - ha detto il leader dell’Uds - hanno avuto il pregio di riportare tutti alla realtà: entrambi gli schieramenti, al di là del puro dato numerico, hanno dovuto fare i conti e dovranno ancora farne con le divisioni interne, che sono la causa della disaffezione dei cittadini alla politica, e quindi dell’astensionismo». Ora, ha spiegato il due volte presidente, «occorre tornare alla realtà, ai problemi veri dei cittadini, delle famiglie, delle imprese, del lavoro e dell’occupazione, occorre cercare, come classe politica dirigente, di dare le risposte più adeguate e giuste secondo il mandato che ci è stato conferito dagli elettori». Cioè bisogna «fare in modo che le divisioni che si sono manifestate e che hanno inciso non ricadano sulle comunità amministrate e sui cittadini».
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