La Nuova Sardegna

INCHIESTA G8 Rifilati alla Regione sette milioni di debiti per la Sassari-Olbia

Roberto Morini
INCHIESTA G8 Rifilati alla Regione sette milioni di debiti per la Sassari-Olbia

I documenti dell'indagine fiorentina. Nel dossier del Ros sugli affari della cricca c’è anche la lettera di un mese fa con cui l’Unità di missione passa a Cappellacci la gestione della Sassari-Olbia. Si scopre che la Regione dovrà farsi carico di 7 milioni di debiti

17 giugno 2010
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SASSARI. Il passaggio di consegne dall’Unità tecnica di missione della presidenza del consiglio al presidente della Regione Ugo Cappellacci nella sua veste di commissario delegato alla realizzazione della Sassari-Olbia non solo non è accompagnato da un euro perché il finanziamento è ormai scomparso, ma porta con sé 7 milioni di debiti per «incarichi di consulenza, progettazione, indagini geologiche e geognostiche, pubblicità ecc» già spesi prima che fosse aperto almeno un cantiere. È uno dei messaggi contenuti nella lettera inviata un mese fa, il 17 maggio 2010. Mittente: il coordinatore dell’unità di missione Giancarlo Bravi. Destinatari: Ugo Cappellacci e, per conoscenza, Guido Bertolaso.

Parte da qui, dall’ultimo documento acquisito dai carabinieri del Raggruppamento operativo speciale di Firenze il giorno successivo alla data di protocollo, la ricostruzione ora affidata alla Direzione distrettuale antimafia di Firenze che coordina ancora per poco - l’inchiesta infatti è stata trasferita a Roma - le indagini sulla cricca che si è impadronita negli ultimi anni dei più importanti appalti pubblici, compresi quelli per il G8 alla Maddalena. Parte dalla fine, dal «definanziamento dell’opera intervenuto per manovra di finanza pubblica» il 23 ottobre 2008. Checché ne dica chi da allora a pochi giorni fa ha continuato a sostenere che i soldi c’erano, annunciando ogni nuova riunione del Cipe come quella decisiva. Una manovra che, scrivono i carabinieri nel loro rapporto, «ha impedito di fatto il proseguimento delle procedure di appalto già formalmente avviate».

La copertura finanziaria, tagliata da Tremonti con la rimodulazione dei fondi Fas di ottobre, utilizzati per far cassa, era stata confermata solo pochi mesi prima, il 29 agosto, per un totale di 522 milioni di euro.

Ma non è questa la parte della storia che interessa agli investigatori. Il rapporto punta a ricostruire «lo sviluppo dei rapporti di De Vito Piscicelli Francesco Mario con Riccardo Fusi» offrendo ai magistrati «riscontri documentali alle conversazioni intercettate». Un rapporto difficile, continuamente oscillante tra fiducia e diffidenza, durante tutto il percorso che li costringe a candidarsi insieme alla realizzazione dei lavori alla Maddalena, a costruire la nuova Sassari-Olbia a quattro corsie, probabilmente anche a realizzare il Betile di Cagliari. Un rapporto scandito dalle telefonate tra Piscicelli e Pierfrancesco Gagliardi, il cognato e confidente al quale a fine giornata l’imprenditore confida dubbi e certezze, gioie e paure. Come quando, la notte del terremoto in Abruzzo, brindano simbolicamente ridendo al gigantesco affare che si sta per aprire davanti a loro.

Piscicelli è in grandi difficoltà economiche, ma non vuole farlo capire al suo nuovo socio in affari. Porta nell’alleanza con Fusi i rapporti politici con il gruppo di dirigenti pubblici che fa capo a Balducci. «Senti Vince’ - sbotta durante una telefonata a Vincenzo Di Nardo, socio di Fusi - vorrei che tu ti rendessi conto di una cosa, che per ottenre questa organizzazione a disposizione di qualsiasi argomento... ci vogliono 20 anni».

Piscicelli vuole un ritorno economico dal suo ruolo di mediazione. Si consiglia con il cognato su come fare a chiedere soldi a Fusi per le prospettive di affari che gli sta aprendo con i suoi contatti. Fusi non ne sa nulla, ma Piscicelli vorrebbe chiedergli 500mila euro di prestito a tasso zero. E non lo fa. Per mesi, durante i quali i due si candidano alla Sassari-Olbia, partecipano alle gare per il G8, entrano in pista per gli appalti del 150º dell'Unità d’Italia, tra quali è ancora previsto il Museo mediterraneo dell’arte nuragica e dell’arte contemporanea di Cagliari, il Betile insomma, Piscicelli non ha il coraggio di farsi pagare la mediazione. Ne parla ancora con Gagliardi facendo riferimento a un non meglio definito affare relativo a impianti di energie alternative: «L’avvocato - gli spiega - come parcella sull’eolico si becca 400mila euro da noi». Non è chiaro a quale eolico si riferisca, ma p chiaro il valore che attribuisce alla sua mediazione. Ma non riesce a chiedere a Fusi nemmeno un prestito al 4 per cento, come ipotizza nell’autunno del 2008.

Ma torniamo indietro, all’8 febbraio del 2008. Perché è verso mezzogiorno di quel giorno che Piscicelli passa da Fabio De Santis, nell’ufficio della Ferratella a cui fanno capo tutti i grandi appalti, e riceve l’elenco dei 17 appalti che costituiscono la seconda tranche dei lavori previsti per il 150º. Un gruppo di appalti, tra i quali il Betile, che saranno cancellati dai tagli di Tremonti. Tutti tranne il restauro del tatro San Carlo di Napoli.

Ma quell’8 febbraio tutti i giochi sono ancora aperti. E i due ricevono l’elenco quasi 40 giorni prima della sua pubblicazione ufficiale. Con la possibilità di esprimere i loro desiderata. Ma non sono fortunati: nessuno de progetti da loro sottolineati sulla lista sarà realizzato.
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