La Nuova Sardegna

Pronto il decreto sul nucleare

Piero Mannironi
Pronto il decreto sul nucleare

La bozza del decreto che sancirà il ritorno al nucleare è pronta e potrebbe essere licenziata entro il 15 settembre. La mappa dei siti è ancora top secret, ma i criteri fissati nel documento indicano che la Sardegna può ospitare una centrale

09 settembre 2009
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Il testo del decreto che cancellerà il referendum del 1987 contro il nucleare è quasi pronto. Secondo alcune indiscrezioni, la bozza riservata sarà licenziata entro il 15 dal comitato di esperti nominato dal governo e dalla burocrazia ministeriale.

Nel testo è disegnata l’intera catena nucleare: l’identificazione delle aree e dei siti per le centrali, l’ubicazione dei depositi delle scorie e le procedure per lo smantellamento (affidato alla Sogin) delle strutture, quando i reattori andranno in esaurimento. Sono poi indicati i modi e i tempi di realizzazione. E quindi i processi pubblici per arrivare alla manifestazione di consenso delle popolazioni che dovranno ospitare le centrali.

Ma il decreto prevede anche un percorso per superare eventuali dissensi od opposizioni. Sembra infatti che se alcune Regioni dovessero contestare la geografia nucleare approvata dall’Agenzia per la sicurezza nucleare e la Conferenza unificata Stato-Regioni-Comuni, si tenterà una conciliazione con un Comitato interistituzionale. Nel caso il conflitto non dovesse essere risolto, il governo andrà avanti per decreto. Come dire: se c’è il consenso va bene, se non c’è si va avanti lo stesso.

Le aree sulle quali dovranno sorgere le 8-10 centrali sono state già identificate, ma la mappa dell’atomo è per il momento ancora top-secret. Secondo la bozza del decreto, all’interno di queste aree, la scelta dei siti sarà poi affidata agli operatori (cioé le aziende o i consorzi di imprese), ai quali sarà affidata la costruzione e la gestione delle centrali. E qui cominciano i problemi. Perché il decreto indica i criteri generali in base ai quali sono state scelte le aree (scarsa sismicità, scarsa densità abitativa, vicinanza al mare o a grandi corsi d’acqua e zone appartenenti al demanio militare) e non è quindi difficile ipotizzare dove potranno sorgere le centrali. E la Sardegna è sicuramente una delle regioni che può vantare tutti questi requisiti.

C’è stato recentemente anche chi, come il direttore dell’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia, Enzo Boschi, ha sostenuto in Senato che "la Sardegna è l’area italiana migliore per la costruzione di centrali nucleari, perché è la più stabile dal punto di vista sismico". E ancora: "La Sardegna è una zona con una storia geologica diversa dal resto d’Italia. Si potrebbero fare tutte e quattro le centrali nucleari che il governo intende costruire, anche se poi bisognerebbe risolvere il problema del trasferimento dell’energia".

Ma la Sardegna ricorre anche nella mappa dei possibili siti disegnata negli anni ’70 dal Cnen (poi diventato Enea) che il comitato di esperti nominato dal governo ha esaminato in questi mesi. E in quella mappa vengono indicati tre siti nell’isola: vicino a Santa Margherita di Pula, fra Santa Lucia e Capo Comino e alla foce del Rio Mannu, a Barisardo. Non basta, secondo alcune indiscrezioni, gli esperti avrebbero valutato anche la zona di Cirras, tra Arborea e Oristano.

C’è infine uno dei criteri fissati nel decreto che molti stanno forse sottovalutando. E cioé la presenza di aree del demanio militare, per questioni ovviamente legate alla sicurezza. Per quanto riguarda questo criterio di valutazione, la Sardegna è sicuramente al primo posto in Italia.

Il presidente della Regione Cappellacci ha ripetutamente ribadito la sua contrarietà al nucleare nell’isola. Ma ad essere sinceri, durante la campagna elettorale per le Regionali, il ministro Scajola su questa questione è stato un po’ sfuggente.
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