La Nuova Sardegna

Precari in piazza con rabbia

Roberto Paracchini
Precari in piazza con rabbia

Cagliari, ieri manifestazione di protesta di fronte al Consiglio regionale. Duemila posti in meno e 242 mancate immissioni in ruolo di insegnanti e 198 di personale Ata

09 settembre 2009
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CAGLIARI. «Più si taglia, più si raglia», recita un cartello portato a mano. Poco distante Franco Casula, educatore nel convitto nazionale di Cagliari indossa una maglietta bianca in cui si legge la scritta «insegnante precario e padre di tre figli stabile». Due immagini che danno il senso della protesta: difesa dei posti dei lavoro e della qualità dell’insegnamento. Sotto il palazzo del consiglio regionale di via Roma del capoluogo dell’isola, ieri pomeriggio circa cinquecento precari della scuola, tra docenti e personale ata (ausiliari, tecnici e amministrativi), hanno chiesto che la tendenza all’espulsione sia invertita e che i lavoratori siano reintegrati. In Sardegna sono oltre duemila i posti in meno, non assegnati. Numeri a cui va aggiunta anche la diminuzione delle immissioni in ruolo: quest’anno soltanto 242 docenti e 198 ata pari, rispettivamente, al 23 e al 12 per cento dei posti vacanti.

In via Roma è un brulicare di colori, cartelli a slogan («niente elemosine, ma posti di lavoro», «vogliamo il pane, ma anche gli alunni», «taglietemi tutto, ma non la mia scuola»), megafoni che fanno sentire la protesta e bandiere: della Cgil-Flc in particolare (che ha dato il là alla manifestazione), poi dei comitati dei precari, dei Cobas e anche della Uil. Per alcune ore il traffico è interrotto con qualche tensione per la congestione del centro città. «L’assessore regionale alla Cultura Lucia Baire non ha fatto nulla a vantaggio della scuola e dei precari sardi - afferma Peppino Loddo, segretario regionale della Cgil-Flc, durante la protesta - al contrario, oltre ad aver avallato e aumentato i tagli ai docenti e al personale Ata chiesti dal ministro della Pubblica istruzione Maria Stella Gelmini, oggi scopriamo che ha regalato 22 milioni di euro alle scuole private a discapito della pubblica. È indegno». Poi precisa che sono migliaia, «tra docenti e personale Ata, i precari che da quest’anno non lavoreranno più» e spiega che «si tratta di una cacciata irreversibile».

Maristella Curreli, presidente nazionale del Cip (Comitato insegnanti precari) critica i contratti di disponibilità studiati dal ministero della Pubblica istruzione, grazie ai quali i precari che fino al 30 giugno di quest’anno avevano una cattedra, potrebbero ritornare nelle aule dal prossimo anno scolastico. «Si tratta di un semplice contentino che non risolve il problema e oltretutto - aggiunge - con questo sistema, per paradosso, molti docenti precari da venticinque anni rischiano di non poter usufruire dei contratti di disponibilità. Per prima cosa chiediamo di eliminare i tagli e di immettere in ruolo i precari per ricoprire le cattedre vacanti, ricordando che a oggi si copre solo il dieci per cento del fabbisogno reale».

Alle 17 una delegazione dei manifestanti viene ricevuta dalla commissione Cultura del consiglio regionale, presieduta da Attilio Dedoni (Riformatori). Durante l’incontro (terminato poco prima delle 20), a cui partecipano Peppino Loddo per la Cgil, Enrico Frau per la Cisl, Giuseppe Maccioccu per la Uil, e Cristina Lusso in rappresentanza dei precari, vengono esposti i dati dei tagli alla scuola sarda. Alla fine la commissione decide che icontrerà l’assessore alla Cultura Lucia Baire e il dirigente scolastico regionale Armando Pietrella: per chiedere di rivedere il patto fatto col ministero. E in particolare di recuperare i posti eliminati in più, a livello regionale (131), in rapporto al piano ministeriale.

Intanto la manifestazione prosegue: «Cara Gelmini - cantano in coro i precari - non siamo noi tonti, questa riforma te l’ha fatta zio Tremonti: niente miliardi e più alunni gli dò e ai tanti precari un bel no». E a perderci sono anche gli studenti: Pierangela Anedda è una mamma di San Sperate «dove due prime elementari le hanno formate con 30 alunni ciascuna - informa - e ci sono anche due bimbi disabili. Ma è questo il modo di insegnare?».

Sembra di fotografare il passato, gli anni dell’emigrazione, ma quando il lavoro c’era, almeno al nord. Stefania Cabras, della elementare di Sinnai precisa che ha insegnato dal 1997, ma «ora sono a spasso», vicino a lei i figli Giacomo e Matteo. Una carrozzina con un bimbetto è guidata da Alice Lai, «sono una docente di francese di Monserrato - spiega - senza posto». «Disoccupato», «senza lavoro», «fuori dalla scuola» sono i termini di un linguaggio triste. «Il problema è che il governo di Roma vuole mettere un tappo che fa acqua - sottolinea Giorgio Canetto, dei Cobas, tecnico elettrico al Meucci - occorre che investano sui precari». E nella disperazione l’ironia sembra un elisir come nel manifesto «Repubblica italiana, qualifica per la disoccupazione con laurea. Firmato: Maria Stella Gelmini». Poi un annuncio scaramantico: «Scuola Pubblica è mancata all’affetto dei cittadini italiani, che ne danno il triste annuncio».
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