La Nuova Sardegna

Cioccolato, come una drogaCnr scopre come combattere la dipendenza

Roberto Paracchini
Cioccolato, come una drogaCnr scopre come combattere la dipendenza

Scoperta dagli studiosi del Cnr di Cagliari una sostanza che inibisce il desiderio del nettare degli dei. I ricercatori hanno individuato un principio attivo che limita il consumo del cioccolato amaro regolandone l’assuzione  

20 marzo 2008
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«È mezz'ora che sbatto; il cioccolatte è fatto, ed a me tocca restar ad adorarlo a secca bocca?», canta la cameriera Despina in «Così fan tutte» di Mozart, mentre prepara la colazione alla padrona Dorabella. La cioccolata o il cibo degli dei è amata da tutti, da molti anche troppo, tanto che gli americani hanno coniato il termine chocoholism, cioccolismo, che indica una forma di dipendenza, di desiderio intenso che, a volte, può portare a un consumo sfrenato, compulsivo.

Una passione molto diffusa. A suo tempo pure il potente e inflessibile papa Pio V nel 1569 fece scandalo consentendone il consumo anche nei periodi di digiuno.
Ma questo cibo ha anche uno spirito profondamente democratico tanto che ammalia pure i ratti disposti a defatiganti esercizi pur di ingurgitare il nettare degli dei. Questo è quanto descritto in una ricerca che ha individuato un principio attivo in grado di guarire il cioccolismo. L'indagine, durata circa un anno, è stata condotta dal gruppo dell'istituto di neuroscienze del Cnr di Cagliari, diretto dal neuroscienziato Gian Luigi Gessa. Il modello sperimentale messo a punto dai ricercatori dimostra quanto siano forti, anche per i ratti, gli stimoli del cioccolato.

Tra le caratteristiche di questi animaletti, spesso utilizzati come modello per studi comportamentali complessi, c'è la curiosità. Ed è per questo che Paola Maccioni, Mauro Carai e Giancarlo Colombo (del Cnr) hanno realizzato una struttura in cui inserire questi «collaboratori», in cui una levetta eroga il liquido al cioccolato. Dopo il primo colpetto il ratto nota che non accade niente. Poi un secondo, un terzo, un quarto ecc., sino al decimo che fa scattare il premio al sapore di cioccolato. Poi di nuovo e via di seguito sino a ben ottocento-mille colpetti.

«In tutto questi ratti bevevano - spiega Colombo - sino a trenta millilitri» della gustosa bevanda, «pari a un decimo del loro peso corporeo». Ma il ratto goloso non ingrassava come un buddha «perchè - precisa Carai - il cacao era molto diluito e senza zucchero». Come dire che questi animaletti sono buon gustai amanti del cioccolato amaro. Ma oltre ai Papi golosi, i ratti del laboratorio Cnr sono in buona compagnia visto che, solo per fare due esempi, Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI, non si spostava mai senza il suo cioccolataio personale; mentre Giacomo Casanova non se ne faceva mai mancare una tazza calda per via - così dice la leggenda - dei suoi effetti afrodisiaci.

 Quel che ha acceso l'interesse della comunità dei ricercatori internazionali e prodotto un articolo scientifico (in corso di pubblicazione su «Behavioural Pharmacology») non è tanto il fatto che i ratti siano vulnerabili al cioccolato e, a quanto pare, come gli umani ne siano felici; ma il fatto che sia possibile limitare il loro atteggiamento compulsivo che nella dieta «rattologica» sperimentale non produce effetti negativi, mentre nei golosi pensanti può anche portare a problemi alimentari seri. «Mediante diverse procedure - spiega Carai - abbiamo verificato l'effetto di un principio attivo, il rimonabant: nei ratti inibisce la voglia di cioccolato sino a ridurne l'assunzione al venti per cento».

Questa sostanza agisce su alcuni recettori presenti nel cervello, i cannabinoidi che tra le varie funzioni hanno anche quella di accogliere le così dette sostanze psicotrope (le droge): sia quelle interne al nostro organismo (le endorfine), che quelle esterne (eroina ecc.). Il che significa che se i cannabinoidi sono inibiti, viene frenata anche la voglia di queste sostanze e del cioccolato. «Anche e va precisato - sottolinea Carai - che la letteratura internazionale non considera il cibo degli dei una sostanza psicotropa. Pur ammettendo, alcuni autori, che questa sostanza agisce sul sistema cannabinoide». Resta il fatto, però, che «nei ratti l'intensità del loro desiderio del cioccolato è pari solo a quello prodotto da droghe come l'eroina e la cocaina».

Da qui l'importanza di questi studi, «che hanno il merito di aver scoperto che il rimonabant, pur già conosciuto (altrove è utilizzato per regolare l'appetito), ha anche questa funzione». Per la banda degli amanti del cioccolato va ricordato che il fondente, se non si eccede, fa bene al cuore perchè aumenta la concentrazione di antiossidanti nel sangue. E poi non dispiace bere una bevanda calda al cacao e pensare che anche Voltaire ne era ghiotto.
  
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