La Nuova Sardegna

Oristano

LA MOSTRA

Le opere dell’artista Salvatore Garau esposte a Brasilia

Le opere dell’artista Salvatore Garau esposte a Brasilia

ORISTANO. “Carte e tele, 1993/2015” è il titolo della nuova mostra dell'artista sardo Salvatore Garau, classe 1953, ospitata al Museo Nazionale della Repubblica a Brasilia dall'8 novembre al 4...

06 novembre 2016
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ORISTANO. “Carte e tele, 1993/2015” è il titolo della nuova mostra dell'artista sardo Salvatore Garau, classe 1953, ospitata al Museo Nazionale della Repubblica a Brasilia dall'8 novembre al 4 dicembre e realizzata in collaborazione con l'Ambasciata d'Italia di Brasilia, il Governo di Brasilia e l'Istituto Italiano di Cultura di San Paolo.

«Un giorno capita che apri un cassetto – dice Garau – prendi in mano un album di carte dipinte con smalto e grafite oltre venti anni prima e mai esposte, e non tu, ma loro, cominciano a sussurrarti che è giunto il momento di uscire dallo studio, finalmente mostrarsi... Le opere, oltre al momento, decideranno il luogo in cui mostrarsi, per dare un senso preciso al loro viaggio».

Il primo album di carte (serie "Sculture sul limitare", cm 24x33, 1993) è composto di trenta piccoli lavori con una scultura disegnata a ridosso del margine della superficie della carta, sul limite estremo dopo il quale l'avventura continua anche se non possiamo vederla, dove la scultura fa appena in tempo ad affacciarsi, e chi l'ha costruita si è già dileguato ma ne sentiamo il lavoro. “Sculture” immobili disegnate minuziosamente con grafite a contrasto col paesaggio, in continuo mutamento, sul quale sono posate.

Il secondo album di carte (serie "Rosso Wagner", cm 40x30, 2013) è composto da altri trenta lavori dove il rosso porpora e l'argento si materializzano non più utilizzando il "minerale" della grafite ma il "lucido" dell'alluminio. Carte nate col sostegno, dapprima segreto e poi imperioso, della musica di Wagner che ha aiutato a creare un mondo passionale di contrasti caldi e freddi, di odi e amori, di drammi e gelosie; contrasti violenti, una fusione dolce che nel cinema la chiameremmo dissolvenza: morbido ingresso di altro e morbida scomparsa di ciò che già c'era. I colori non asciugano, ma si fondono insieme nell'atto della pittura, archetipo di un matrimonio che non crea traumi.

«Non c'è differenza tra grandi e piccole superfici – riprende Garau – se non per la fisicità nell'atto del dipingerle. Su una grande tela si muove tutto il corpo, la schiena dev'essere forte, i movimenti veloci e i muscoli agili. Su una piccola superficie sono seduto e solo le mani compiono i gesti. Il pensiero dello spazio che rimbomba in testa è lo stesso: un uguale riverbero dell'immenso, infinito anche nel piccolo».

Delle otto tele presenti a Brasilia, realizzate tra il 2003 e il 2015 e che raccontano il passaggio dal bianco e nero al colore, in una sola di esse, una traccia tangibile della presenza fisica di un uomo, metafora del lavoro di Salvatore Garau: l'uomo è importante nel momento in cui lascia una traccia del suo passaggio: un susseguirsi di piccole e grandi azioni vissute con passione. E l'Arte, come tutto il resto, è solo un semplice atto d'amore.

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