La Nuova Sardegna

Oristano

Cavalcaferrovia, stop ai lavori

di Simonetta Selloni

Simaxis, Rfi notifica la risoluzione dell’appalto contratto alla Cidieffe. La ditta: amianto nel cantiere

05 agosto 2016
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SIMAXIS. Si interrompono traumaticamente i lavori per il nuovo cavalcafferrovia sulla linea Cagliari-Oristano, a metà tra i territori di Simaxis e del capoluogo. Il 4 luglio scorso Rete Ferroviaria italiana, committente dell’opera, ha notificato alla Cidieffe Costruzioni Srl di Colico, esecutrice dei lavori, la risoluzione dell’appalto per inadempienze addebitate all’appaltatore. Le ragioni della risoluzione sono contenute in uno scarno comunicato di Rfi: «Ad oggi lo stato di avanzamento lavori per il nuovo cavalcaferrovia, lavori consegnati ad agosto 2014, è inferiore al 30 per cento». Alla Cidieffe viene in sostanza attribuito un grave ritardo rispetto ai tempi di esecuzione, previsti dall’appalto in 485 giorni, con data presunta di consegna fissata al 2 dicembre 2015. Non è tutto: alla Cidieffe viene contestato di essersi rifiutata di consegnare le aree del cantiere.

Ma la Cidieffe respinge al mittente le accuse di inadempienza contrattuale. E, attraverso il procuratore speciale, ingegner Rolando Crespi, ribatte denunciando anche il ritrovamento – il 23 giugno scorso –, notificato a Rfi, di residui di cemento amianto che avrebbero imposto da parte del committente una sospensione immediata dei lavori. Questo allo scopo di attivare le procedure di messa in sicurezza e la rimozione dell’amianto. Ma questo non è avvenuto. Della presenza dell’amianto, la Cidieffe ha informato con un esposto anche i carabinieri.

Il cemento amianto, in un’area di almeno 500 metri quadrati, è l’ultima questione che oppone committente e appaltatore sul conferimento dei rifiuti del cantiere. In teoria, la Cidieffe ne avrebbe dovuto conferire 6mila tonnellate: finora ne ha avviato 15mila. Dopo la bonifica bellica (i cui risultati sono pervenuti solo a novembre scorso) sul versante di Simaxis, zona ex Cava Cespo, sotto un metro e mezzo di terra, c’era di tutto: pneumatici, plastica, gomma, ferrosi. Non solo terre e rocce di scavo, ma rifiuti speciali. Uno scenario radicalmente diverso da quanto previsto dall’appalto, con oneri ben maggiori rispetto al progetto. Tanto per iniziare, si è dovuto scavare mezzo metro in più del previsto. Dal mese di aprile è iniziato un carteggio tra Cidieffe Costruzioni e Rfi, nella persona del direttore dei lavori, ingegner Alessandro Basso, invitato a predisporre una variante che contemplasse le lavorazioni e gli oneri non previsti dal progetto. La ditta si è resa disponibile anche a un accordo sui prezzi per lo smaltimento, ma questo accordo non c’è mai stato. I rapporti tra committente e appaltatore si sono inaspriti: Rfi ha accusato la Cidieffe di differenziare i rifiuti per ottenere una remunerazione maggiore, la Cidieffe ha continuato a difendere il suo operato a fronte di una situazione ambientale radicalmente modificata rispetto alle condizioni contrattuali.

L’epilogo è di qualche settimana fa. Rfi ha imposto tre termini perentori per la rimozione dei rifiuti in cantiere. Rifiuti ai quali si è aggiunto l’amianto: e non essendo stati sospesi i lavori per procedere al suo smaltimento, che la Cidieffe non può fare per la tipologia del rifiuto, lo slittamento dei termini è stato una conseguenza. Sono seguiti sopralluoghi da parte di Rfi, Spresal (Asl), Ufficio del lavoro. «Non abbiamo consegnato il cantiere perché il 25 luglio, nel processo verbale di consistenza dei lavori eseguiti, mancano le misurazioni relative alla consistenza del cantiere, imposte dalla legge, che Rfi non ha fatto», sottolinea l’ingegner Crespi. Che ha anche presentato la richiesta di accesso agli atti per i sopralluoghi della Asl, del 13 e 26 luglio, nei quali dovrebbe risultare la presenza dell’amianto.

Rfi il 6 luglio ha notificato la risoluzione del rapporto, indicando al primo posto la questione dello smaltimento dei rifiuti. È evidente che la controversia tra le parti, anche sulla consegna del cantiere, è destinata a finire sul tavolo di un giudice. Per ora, resta congelata un’opera il cui iter è iniziato quasi dieci anni fa.

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