La Nuova Sardegna

Oristano

Omicidio Murranca, chieste tre condanne

di Enrico Carta

La requisitoria del pubblico ministero per il delitto del commerciante di Pompu «Per Graziano Congiu 30 anni, 27 per Stefano Murru, 26 per Lorenzo Contu»

04 marzo 2016
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INVIATO A CAGLIARI. Non c’è la prova regina. Ci sono tanti dettagli da mettere in fila uno dietro l’altro con pazienza. Il pubblico ministero Paolo De Falco impiega poco meno di tre ore per tracciare la sua rotta che lo porta a chiedere le condanne per Graziano Congiu, Stefano Murru e Lorenzo Contu, i tre amici imputati dell’omicidio di Antonio Murranca, il commerciante ambulante di Pompu, assassinato il 24 settembre del 2014.

È da quel giorno che la pubblica accusa parte per sollecitare trent’anni di carcere per Graziano Congiu (31 anni di Ruinas), ventisette per Stefano Murru (40 anni di Pompu), e ventisei per Lorenzo Contu (52 anni di Morgongiori). Antonio Murranca arriva a Riola Sardo di rientro da alcuni giorni in Gallura per la vendita dei suoi prodotti. La strada che percorre è la solita e ben individuata dalle celle agganciate dal suo telefonino. A Riola Sardo pranza da un amico, poi riprende la via di casa. È a Marrubiu a fare rifornimento al distributore sulla 131, poi tra le 16 e le 17 arriva a Masullas. Lo nota un amico in auto e, secondo il pubblico ministero, eccezion fatta per i tre imputati è anche l’ultimo a vederlo vivo. Pochi minuti più tardi sparisce nel nulla assieme al suo furgone che verrà ritrovato nelle campagne di Marrubiu la mattina del 26 settembre. Due giorni di buio su cui si accende la luce dopo poche settimane.

I familiari cercano Antonio Murranca, gli inquirenti pure. Poi passano alla ricerca degli assassini ed è a questo punto che più di una cosa non torna tra gli atteggiamenti, gli spostamenti, le chiamate e le parole dei tre amici. Quando ancora non si sapeva che Antonio Murranca fosse morto, i familiari chiedono a Graziano Congiu che fine avesse fatto. La risposta è che l’aveva accompagnato alla tabaccheria, ma qualcosa inizia a non essere al suo posto. La videosorveglianza della rivendita riprende sì Graziano Congiu, ma non Antonio Murranca.

L’orologio intanto si è spostato e le lancette segnano le 17 del 24 settembre quando alcuni automobilisti della zona incrociano il furgone di Antonio Murranca. Riconoscono il Berlingo, ma non chi guida. Di certo non è Antonio Murranca, mentre il passeggero di fianco al guidatore è in posizione strana. Quasi volesse inchinarsi per evitare di essere visto. Ha i suoi buoni motivi per fare ciò, perché il furgone si sta dirigendo verso le campagne di Marrubiu, a poca distanza dalla sede della Se.Pi. Formaggi e dalla 131. È lì che viene compiuto l’ultimo atto: il furgone viene cosparso di liquido infiammabile e poi viene appiccato il fuoco. Dentro c’è il cadavere di Antonio Murranca.

È sempre lì che però accade qualcosa di imprevisto. Alle 17.55, il telefono di Graziano Congiu ha un contatto telematico che aggancia la cella della zona. Secondo la ricostruzione del pubblico ministero gli è caduto di tasca e si è acceso. Appena un minuto, ma è quello decisivo per mettere in fila tutte le tessere del domino. Da quel momento, i carabinieri staranno addosso ai tre sino al momento in cui, intercettati in una stanza della caserma, li sentono mettersi d’accordo sulla versione da fornire; li sentono parlare delle loro pecore che saranno costretti a vendere se verranno arrestati. Non una parola su Antonio Murranca, non un solo gesto che lasci trasparire un minimo di pietà per un morto ammazzato.

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