La Nuova Sardegna

Oristano

Gli orari non tornano, vacilla l’alibi degli accusati

di Enrico Carta
Gli orari non tornano, vacilla l’alibi degli accusati

Pompu, nuova udienza in corte d’assise per l’omicidio di Antonio Murranca I tre sul luogo del delitto nelle ore in cui il commerciante fu ucciso

04 dicembre 2015
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POMPU. Un orario diverso può bastare per tradire gli imputati? Sicuramente può far crollare uno degli alibi che i tre amici accusati di aver ucciso il commerciante Antonio Murranca avevano tirato fuori nei giorni in cui l’indagine prendeva corpo. Di fronte alla corte d’assise di Cagliari due testimoni fanno vacillare uno degli alibi di due dei tre imputati che come in un effetto domino riguarda anche il terzo. Stefano Murru, 40 anni di Pompu, e Lorenzo Contu, 52 anni di Morgongiori, erano a Guamaggiore per un pranzo il giorno dell’omicidio avvenuto il 24 settembre del 2014, ma non tornarono verso le sette di pomeriggio. I testimoni dicono che andarono via mezzora dopo le quattro.

È un particolare rilevante per il pubblico ministero Paolo De Falco e per l’avvocato di parte civile Gianfranco Siuni, perché significa che all’ora del delitto commesso tra le 5 e le 7 del pomeriggio, i due potevano essere a Masullas, probabile luogo del delitto, assieme a quello che forse può essere considerato come l’imputato principale ovvero Graziano Congiu, l’allevatore di 31 anni, originario di Orgosolo e residente a Ruinas.

Secondo l’accusa fu lui a incontrare Antonio Murranca che era di rientro da una tre giorni di vendite di frutta e verdura in Gallura e quindi il probabile movente era quello di impossessarsi di qualche decina di euro provente delle vendite effettuate in quei giorni.

La difesa ha un punto di vista diverso. La questione degli orari, secondo gli avvocati Angelo Battista Marras, Michele Ibba e Carlo Figus può voler dire tutto e il contrario di tutto e di certo non prova che i tre imputati avrebbero commesso l’omicidio.

L’altro dettaglio che l’accusa ritiene probante è l’accensione del telefonino di Graziano Congiu che aggancia la cellula telefonica prossima al luogo in cui fu dato alle fiamme il corpo di Antonio Murranca, il cui cadavere fu carbonizzato all’interno del furgone.

E poi c’è un’altra telefonata strana. La riceve Stefano Murru il giorno del delitto. Parla proprio con gli amici con cui aveva pranzato qualche ora prima. Nessuno sapeva ancora della morte di Antonio Murranca, ma Stefano Murru sembra quasi mettere le mani avanti nel momento in cui dice che, se i carabinieri si fossero messi a indagare, gli amici avrebbero dovuto dire che Murru e Contu erano rimasti a Guamaggiore sino alle sette del pomeriggio. Perché quella premura?

La risposta la darà la corte d’assise che si riunirà nuovamente per la prossima udienza del 14 dicembre.

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