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Perseguitato da Equitalia: «Ma ho sempre pagato tutto, lo dicono loro stessi»

Maria Antonietta Cossu
Perseguitato da Equitalia: «Ma ho sempre pagato tutto, lo dicono loro stessi»

Allevatore di Boroneddu incredulo riceve la cartella per contributi non versati all’Inps. Ma è lo stesso ente di previdenza a confermargli che non esistono posizioni pendenti

22 settembre 2015
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BORONEDDU. Si sente perseguitato dal fisco. La sua colpa? Aver pagato regolarmente tutte le rate destinate al fondo di previdenza sociale. Giovanni Piras non sa più cosa deve fare per dimostrare di essere un contribuente virtuoso: sostiene di essere in regola con i versamenti dovuti all’Inps come coltivatore diretto e di aver prodotto tutta la documentazione che lo dimostra.

«Equitalia ha continuato a chiedere arretrati che io non ho mai maturato», si sfoga l’allevatore esibendo il modello unico di pagamento che attesta l’avvenuto versamento della rata contestata.

L’atto persecutorio denunciato da Piras comincia esattamente un anno fa. Nel mese di settembre l’uomo riceve dall’agenzia di riscossione l’avviso di pagamento della terza rata dei coltivatori diretti relativa al 2013. Certo di aver adempiuto nei tempi agli obblighi contributivi Giovanni Piras cerca un chiarimento direttamente con l’Inps di Ghilarza. «L’operatore fa una verifica e constata che sono in regola», racconta l’uomo. «Il dipendente s’incarica di comunicare tutto alla sede provinciale dell’ Inps e qualche tempo dopo ricevo una lettera in cui l’istituto previdenziale si scusa per il disguido informandomi di aver chiarito la mia posizione con l’Ufficio delle Entrate».

Il problema sembra risolto e invece l’allevatore si vede recapitare un nuovo sollecito. A quel punto l’imprenditore agricolo dà tutto in mano al patronato che a gennaio lo informa di aver dipanato la matassa. Quando la situazione appare definitivamente appianata arriva la brutta sorpresa: un’ingiunzione di pagamento che dà al presunto contribuente insolvente 120 giorni di tempo per estinguere il debito.

Pena il fermo amministrativo dell’auto o la confisca dei beni per un valore equivalente all’importo degli arretrati, che con il calcolo degli interessi di mora e delle spese di notifica nel frattempo sono passati da 567 a 684 euro. Non sono somme immense ma sono comunque elevate, soprattutto se regolarmente corrisposte».

«Io però avevo pagato puntualmente quella rata», ribadisce Giovanni Piras senza nascondere l’irritazione per la vessazione ingiustificata. «Non ho mai ricevuto una multa, né ho mai pagato in ritardo una bolletta, e invece ora mi ritrovo a dover dimostrare che sono in regola e a constatare che questo non basta», si lamenta l’allevatore, che esorta Equitalia e l’Agenzia delle Entrate a «controllare meglio la mia posizione senza costringermi per la terza volta a provare che io ho adempiuto ai miei obblighi contributivi, come faccio ininterrottamente da 31 anni». Un invito cortese e informale per arrivare a un chiarimento che non può che partire dal fatto che secondo l’allevatore e l’Inps non risultano somme a debito.

 

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