La Nuova Sardegna

Oristano

L’ex sindaco Casula: «Abbiamo lavorato per il bene di Bosa»

di Enrico Carta

Si dice sorpreso per il coinvolgimento nell’inchiesta: «Dal 2011 non ci sono state più esondazioni del Temo»

23 novembre 2014
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BOSA. È come se sul Temo fosse cascato un meteorite. All’improvviso l’ex sindaco Piero Casula si ritrova da importante testimone a indagato nell’inchiesta sul maxi appalto da oltre quindici milioni di euro per l’allargamento della foce del fiume concluso nel 2011. Diverse volte era stato davanti al pubblico ministero Armando Mammone, ma sino al momento della conclusione dell’inchiesta avvenuta qualche giorno fa, non era a conoscenza del nuovo e più scomodo ruolo. Non è solo, perché le accuse riguardano anche i sei indagati della prima ora, ovvero l’amministratore della Sigma, l’impresa che svolse i lavori, e il direttore degli stessi lavori, Salvatore Bisanti, 66 anni di Napoli e Paolo Gaviano, 62 anni di Cagliari, ancora l’ex geometra comunale Luciano Baldino, 66 anni, in qualità di responsabile del procedimento pubblico, e i tre componenti della commissione di collaudo dell’opera, l’ingegnere di Sedilo Antonio Manca, 61 anni, e i suoi colleghi oristanesi Antonello Garau e Piero Dau, entrambi di 52 anni. La seconda novità è invece l’iscrizione anche della dirigente comunale Rita Motzo.

Di più nessuno degli indagati, al momento conosce. Al di là di alcune intercettazioni iniziali e di pochi atti già notificati un anno fa, non si sa cosa di nuovo sia scaturito in questi mesi di accertamenti portati avanti dalla procura sino ad arrivare alla contestazione finale della falsa certificazione dell’avanzamento dei lavori si adeguamento del fondale marino che sarebbe stata fatta dalla commissione di collaudo e del reato di truffa che sarebbe figlio di un appalto mai completato. I nuovi reati sono invece quello di frode nei pubblici appalti e di peculato, mentre è sparito quello di danneggiamento ambientale che aveva dato origine all’inchiesta.

Ma è troppo presto per capire qualcosa di più. Le difese affidate agli avvocati Gianfranco Siuni, Roberto Dau, Guido Manca Bitti, Speranza Benenati, Walter Pani e Franco Pani attendono di conoscere gli atti di un’inchiesta corposa. Intanto l’ex primo cittadino è schietto: «Né io e, penso, nemmeno la funzionaria comunale ci aspettavamo di restare coinvolti nell’indagine. Si tratta comunque dell’appalto pubblico più grande mai realizzato a Bosa ed è giusto che la procura abbia deciso di controllare. Il nostro obiettivo era che il lavoro si facesse bene e nei tempi stabiliti. Abbiamo operato per il bene della comunità». Di più l’ex sindaco Piero Casula non dice, però rimarca che dal 2011, anno in cui l’opera di allargamento della foce e di abbattimento della barriera naturale fu completata, Bosa ha smesso di avere problemi con le piene del suo fiume che ora trova modo di sfogarsi verso il mare. Gli allagamenti, nonostante le piogge copiose, sono un ricordo di quattro anni fa.

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