La Nuova Sardegna

Oristano

Colture proteiche, strada in salita per l’autonomia

di Piero Marongiu
Colture proteiche, strada in salita per l’autonomia

A Siamaggiore convegno sulla produzione delle proteine vegetali per gli animali L’obiettivo è coprire il mercato sardo ma attualmente la resa per ettaro è bassa

09 novembre 2014
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SIAMAGGIORE. C’è ancora molto da fare prima di arrivare all’autonomia totale in materia di produzione e commercializzazione delle proteine vegetali per l’alimentazione animale, ma la strada tracciata dalla Regione sarda con il progetto di sperimentazione, avviato nel 2007 nelle aziende di Bonassai (Sassari), Ussana e Sanluri (Cagliari) e Zeddiani (Oristano), affidato alle agenzie Regionali Laore e Agris, si sta rivelando quella giusta. I risultati sono stati definiti incoraggianti dai relatori intervenuti, tutti tecnici delle due Agenzie Regionali ad eccezione di Giovanni Pruneddu, dell’Università di Sassari. La sperimentazione appena conclusa, durata 6 anni e costata poco meno di 500mila euro (finanziati dalla Regione), che ha riguardato alcuni tipi di colture proteiche da granella e foraggere, ha evidenziato le differenti rese in termini di quantità e qualità del prodotto coltivato nelle aziende interessate al progetto. L’obiettivo finale, è stato detto, è quello di arrivare a fornire una gamma di prodotti per l’alimentazione animale interamente provenienti da coltivazioni locali. Attualmente, la quasi totalità dei mangimi utilizzati nell’alimentazione animale proviene dal mercato statunitense e la componente proteica viene data dall’aggiunta di soia geneticamente modificata. L’Unione Europea (dopo “Mucca pazza”) ha messo al bando i mangimi contenenti proteine di origine animale, ma non ha prodotto alcuna norma per bloccare quelli con apporto proteico proveniente da organismi geneticamente modificati, come la soia statunitense. Le difficoltà maggiori per arrivare all’autonomia produttiva delle proteine vegetali in Sardegna, sono due: fattore clima (piogge scarse e incostanti) e costi di produzione elevati. In Francia la resa per ettaro è di circa 80 quintali a fronte dei 25/30 della Sardegna; il costo, sempre in Francia, è di circa 3 euro per quintale, non meno di 10 in Sardegna. «In ogni caso – ha detto Piero Lai, dell’Agenzia Laore –, nel rapporto tra costi e benefici a guadagnare sarebbero: qualità, filiera e territorio da cui proviene il prodotto immesso sul mercato». Andrea Cabiddu, dell’Agris Sardegna: «I pascoli sardi sono molto ricchi di essenze foraggere ad alto contenuto di grassi polinsaturi, positivi per la salute». Altro aspetto importante trattato è stato quello relativo alla commercializzazione dei legumi prodotti in Sardegna, destinati all’uomo. Stefano Marongiu, titolare del marchio “Riso della Sardegna”: «La nostra azienda confeziona e commercializza circa 25 mila quintali di riso prodotto nell’isola. Da qualche anno abbiamo iniziato a commercializzare anche i legumi, circa 400 quintali annui, con risultati incoraggianti».

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