La Nuova Sardegna

Oristano

Bosa, nella storia passata la chiave per il futuro

di Alessandro Farina

Ipotesi e certezze dal convegno organizzato dall’Università di Sassari Secondo l’ex rettore Attilio Mastino lo sviluppo prossimo si baserà sull’ambiente

03 novembre 2014
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BOSA. Il recente convegno sulla storia di Bosa organizzato dall’Università di Sassari ha o tracciato i nodi storici ancora aperti, legati alla millenaria presenza del borgo sul Temo. Ma ha anche lanciato un chiaro messaggio di speranza per il futuro della città, auspicando una rotta legata alle tante vitali peculiarità di un territorio ricco di potenzialità culturali e paesaggistiche. Gli interventi hanno permesso di analizzare vari aspetti del lungo passato di Bosa. Con momenti spesso ricchi di novità importanti sul fronte scientifico, e ipotesi e confronti ancora aperti sulla base dei reperti ritrovati negli scavi o negli archivi. A partire dal nodo della fondazione: Fenicio Punica per gli studiosi Zucca e Bartoloni, mentre Pittau propende per la tesi che la comunità locale trovi radici ben più antiche, in un insediamento nuragico. Altro “giallo” storico quello, dopo l’epoca della civitas romana, del “travaso” di popolazione dalla Bosa Vetus (nelle campagne attorno all’antica cattedrale di San Pietro sulla sponda sinistra del Temo), alla Bosa Nova. Nata probabilmente sotto l’ala protettrice del castello sul colle di Serravalle, e che ha inaugurato la fase signorile. Con la fortezza che daterebbe a partire dal 1260 (e non dal 1112, la data convenzionale) secondo lo storico Alessandro Soddu. Anche se, ha ricordato l’ex rettore Attilio Mastino, non è escluso che vicino al ponte ci fossero fondaci di genovesi e marsigliesi che attesterebbero un precedente insediamento. Ulteriori passaggi quelli sulla città arborense, nel 1300 (anni in cui si realizzano gli storici affreschi nella cappella palatina del castello), e poi sul periodo catalano aragonese, dopo il feudo dei Villamarì. Probabilmente nel 1626, racconta una iscrizione – non ancora pubblicata – recentemente ritrovata in una casa del Corso Vittorio Emanuele, ha spiegato la studiosa Cecilia Tasca. Tasca ha ricostruito suggestivamente l’arrivo di una colonna di trecento persone che ha percorso i gangli militari e civili della città, preso in carico le chiavi di Bosa e sistemato nel castello le insegne della nuova corona. Attilio Mastino ha ricordato alcune delle figure che hanno dato lustro ben oltre i confini locali: il vescovo e storico Giovanni Francesco Fara, Gerolamo Araolla, il poeta (amico di Torquato Tasso) Pietro Delitala.

Nella parte finale del convegno l’attenzione si è incentrata nel periodo dal ventennio fascista (con non poca fatica ricostruttiva, vista l’assenza di documentazione) ai giorni nostri. Con l’innesto di spunti legati all’ambiente e alle tradizioni. Ma è sulle domande di Pasquale Mistretta che si è focalizzato il perno ideale dell’intero percorso convegnistico. All’insegna della domanda “Cosa sarà Bosa tra quarant’anni?” quando per la Sardegna si prevede un forte decremento demografico. zNel 1974 lo stesso Mistretta parlava di una Bosa come luogo sofisticato e originale, dove svolgere un’accoglienza di qualità», ha sottolineato Attilio Mastino. Che ha concluso con questa riflessione: «Non penso che Bosa farà passi indietro. Credo invece ai prossimi come anni di sviluppo. Che poggino sulle fondamenta di un ambiente incontaminato e ricco di storia e tradizioni».

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