La Nuova Sardegna

Oristano

Il delfino massacrato era già morto

di Claudio Zoccheddu
Il delfino massacrato era già morto

San Vero Milis, forse era rimasto impigliato nelle reti prima di essere mutilato

23 ottobre 2014
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SAN VERO MILIS. Probabilmente il delfino arrivato sulla spiaggia di Sa Rocca Tunda era già morto quando è stato sfilettato. La conferma ufficiale non è ancora arrivata e potrebbe non arrivare mai. Infatti, il referto stilato dai biologi dell’istituto zooprofilattico di Oristano spiega che, per via dello stato di decomposizione della carcassa, è impossibile definire le cause della morte dell’animale. Tuttavia, le sensazioni degli addetti ai lavori sembrerebbero confermare che possa essersi trattato di un caso fortuito e che nel golfo di Oristano, e nei suoi dintorni, non ci siano imbarcazioni che praticano le pesca del delfino.

Il tursiope, dunque, sarebbe finito per caso nelle reti da pesca che l’avrebbero prima imprigionato e poi ucciso. Un epilogo meno preoccupante, per quanto comunque decisamente cruento, rispetto alle ipotesi che circolavano subito dopo la notizia del ritrovamento di una carcassa di un delfino sfilettata da mani abbastanza esperte da riuscire a estrarre le parti pregiate del mammifero. Il delfino non dovrebbe essere stato pescato deliberatamente e potrebbe essere stato sfilettato solo dopo la morte.

«È un comportamento che comunque non può essere giustificato», ha detto il direttore dell’Area marina protetta del Sinis, Giorgio Massaro. Il delfino è una specie protetta e le sue carni non possono essere commercializzate. Tuttavia, il problema della convivenza tra pescatori e delfini è un argomento all’ordine del giorno da parecchi anni. Soprattutto nel golfo di Oristano. Pochi giorni prima della barbara mutilazione sul dorso del delfino, infatti, era stata l’amministrazione comunale di Cabras a chiedere un incontro con l’assessore regionale all’Agricoltura, Elisabetta Falchi. «Abbiamo chiesto un incontro per discutere della convivenza tra delfini e pescatori nel Sinis – avevano scritto dal comune di Cabras – per accogliere le istanze dei numerosi operatori della pesca professionale che esercitano le attività di pesca anche all’interno dell’Area marina protetta. Riteniamo necessario affrontare l’argomento per provare a definire soluzioni che conformino la sostenibilità economica delle attività della pesca artigianale e il rispetto delle normative internazionali e nazionali in ambito di conservazione delle specie protette». Una richiesta che, anche considerando gli ultimi fatti di cronaca, potrebbe attirare l’attenzione su una convivenza forzata che preoccupa i pescatori che, dal canto loro, non possono che dissociarsi dall’episodio di Sa Rocca Tunda.

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