La Nuova Sardegna

Oristano

Energie alternative e servitù militari divorano il territorio

di Francesco G. Pinna
Energie alternative e servitù militari divorano il territorio

Numerosi esperti al convegno del Fondo Ambiente Italia Bocciate alcune fonti rinnovabili e la devastazione bellica

28 settembre 2014
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ORISTANO. Quale energia per quale Sardegna? Alla domanda secca posta dalla presidente regionale del Fondo Ambiente Italiano, Maria Antonietta Mongiu, alla schiera di relatori invitata a dire la sua nella sala conferenze del palazzo Boyl di Milis sui diversi aspetti di un problema chiave per lo sviluppo e il futuro dell’isola, non poteva certo arrivare una risposta altrettanto secca. Questo infatti non è successo, perché c’è stato anche chi è andato controcorrente come il fisico dell’Università di Cagliari, Paolo Randaccio. «Il futuro deve comprendere anche il nucleare», ha detto senza mezzi termini spiegando che le rinnovabili non bastano e che assieme all’energia idroelettrica è l’unica fonte che non produce anidride carbonica e sempre disponibile quando serve.

C’è stato poi anche chi ha difeso il progetto della Saras per la ricerca di idrocarburi nel sottosuolo di Arborea e chi ha messo in evidenza le insidie delle energie rinnovabili. Il procuratore della Direzione distrettuale antimafia, Mario Mura, per esempio. Le indagini, ha spiegato, hanno dimostrato che anche in Sardegna, sulle fonti per la produzione di energia alternativa è arrivata l’ombra pericolosa della criminalità organizzata. E poi, il costituzionalista dell’Università di Cagliari, Pietro Ciarlo, che ha concluso il suo intervento dando un suggerimento, gratis, agli agricoltori che dovrebbero coltivare i cardi necessari ad alimentare gli impianti a biomasse del Nord Sardegna. «Fatevi pagare in anticipo – ha detto –, perché può succedere di tutto, e se non ve li ritira chi ha firmato il contratto di produzione i cardi vi restano sullo stomaco».

«Il posto migliore per coltivare le energie rinnovabili sono i terrazzi, basta innaffiarle con appositi incentivi», ha detto ancora Pietro Ciarlo, introducendo di fatto il punto chiave della questione proposta dal Fai, ovvero il consumo della terra che viene sottratta al suo fine naturale, quello di produrre cibo per essere seppellita sotto ettari ed ettari di pannelli fotovoltaici.

Gli esempi sono a pochi chilometri di distanza. Sulla strada provinciale che collega Milis alla Statale 131 e alla periferia di Narbolia. «Sotto quelle serre frutta e verdura non cresceranno mai», ha detto chiaro e tondo l’esperto di politiche agricole, Piero Tandeddu. Anch’egli scettico sulla questione dei cardi: «Matrica dica chiaramente quanto li pagherà franco azienda agli agricoltori, altrimenti non un solo ettaro di cardi nè per Matrica nè per altre aziende».

Per l’agronomo dell’Università di Sasasri Giuseppe Pulina non ci sono dubbi sull’uso che deve essere fatto della terra: «Prima di tutto il cibo, prima ancora il cibo giusto, solo dopo tutto il resto». Ed è terra sottratta alla produzione di cibo, oltre che di pace e di benessere, anche quella delle basi militari e dei poligoni di tiro. Non ha dubbi don Ettore Cannavera, responsabile della comunità la Collina di Serdiana: «La nostra madre terra è devastata ogni giorno nel nome dell’industria bellica. Pace – ha detto ancora – è una parola ipocrita senza la smilitarizzazione del territorio».

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