La Nuova Sardegna

Oristano

Si fa la fila per un giaccone usato

di Michela Cuccu
Si fa la fila per un giaccone usato

Una mattinata nel centro di raccolta di aiuti per le persone bisognose realizzato nella vecchia chiesa di San Paolo

22 novembre 2013
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ORISTANO. Un viaggio fino in città per mettersi in fila per un giubbotto o una coperta usata. È forse questa la dimostrazione più esplicita della crisi economica che sta attanagliando il territorio, che giorno dopo giorno vede aumentare le famiglie in difficoltà. Senza ipocrisie di sorta, è evidente come la povertà sia ormai un fenomeno diffuso, con una crescita esponenziale. In giorni precisi della settimana, cioè quando i centri del volontariato aprono alla distribuzione di capi di vestiario usati, tante persone salgono su di un autobus o prendono un treno per venire fino a Oristano. C’è una umanità variegata e che non ti aspetti fra coloro che si recano nei centri di distribuzione. Vanno dalle suore Giuseppine, dal volontariato vincenziano e alla Croce Rossa, solo per citare alcune delle organizzazioni che operano in città, ma anche nelle parrocchie, dove sanno che potranno ricevere qualcosa, non molto, in verità. E in questi giorni di maltempo, con l’inverno arrivato all’improvviso, per i volontari il lavoro si moltiplica. Ci sono anziani che con la pensione al minimo, dopo già due settimane non hanno più di che tirare avanti. Ci sono le mogli dei disoccupati, ma anche tanti uomini che hanno perduto il lavoro, quel lavoro che fino a qualche tempo fa assicurava una esistenza serena a tutta la famiglia. È in queste strutture che ti accorgi che la povertà non è un problema di genere o età: colpisce tutti, uomini e donne, giovani e anziani. Persone in fortissima difficoltà economica.

Del resto era stata la direttrice della Caritas diocesana, Giovanna Lai, a riferire come il numero degli interventi in favore dei poveri quest’anno avesse già ampiamente superato gli ottomila effettuati nella sola struttura di via Cagliari.

Insomma, ancora una volta è il volontariato a offrire un quadro reale della grande emergenza economica che sta investendo un numero sempre maggiore di persone.

È a Torangius uno dei centri più attivi di distribuzione di abiti usati. Qui, nell’edificio che si affaccia sulla via Versilia, e che fino a che non ne è stata costruita una nuova, era la chiesa del quartiere, un gruppo di volontari che fanno capo alla parrocchia, si dedicano con passione a raccogliere abiti, calzature, ma anche coperte e biancheria di seconda mano. Capi usati che rimettono in sesto, spesso si preoccupano di lavarli e stirarli e poi, in bell’ordine, ecco il cappotto che forse sarebbe finito in discarica, ma ancora buono, appeso, accanto a giacche, pantaloni e gonne. Capi pronti per essere donati a chi ne ha bisogno.

Come anche le coperte e i piumoni usati, ma ancora caldi. Le volontarie sono gentili e premurose con chi si reca a cercare qualcosa da mettere addosso. Aiutano le persone, le assistono nella scelta e nella prova dei capi, come e vere proprie commesse di boutique. Inutile fare domande alle volontarie: riservate, si limitano a dire che sono li a fare del loro meglio. E nulla di più.

C’è da rimanere senza parole a vedere il lavoro di queste persone che si preoccupano anche di garantire la riservatezza dei loro assistiti. Solo su un aspetto non hanno resistenze a parlare, quando dicono che le donazioni sono sempre ben accette, e che articoli come ad esempio, le coperte, in realtà non bastino mai a soddisfare una richiesta che è in costante aumento.

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