La Nuova Sardegna

Oristano

«Questa Provincia non serve più»

di Giampaolo Meloni
«Questa Provincia non serve più»

Il senatore Lucio Abis, padre dell’ente intermedio e più volte membro del Governo, spiega le ragioni della sua delusione

11 maggio 2012
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ORISTANO. «Quello che vedo non mi piace. Non lo giudico. Ma è ben altro rispetto alla mia esperienza. Nella società tutto è cambiato. Anche la politica». In questa radiografia che divide le epoche c’è di mezzo anche la Provincia: così come è non serve. Detto da lui è un bel dire. Lucio Abis, senatore della Repubblica eletto per sei legislature, che della Provincia di Oristano è stato, seppure con altri, padre politico, il risultato del referendum per l’abolizione degli enti intermedi è il giusto bilancio di questa formula amministrativa.

La bocciatura arriva da un protagonista delle battaglie di anni che portarono al decreto del 16 luglio 1974. «Hanno funzioni decisamente ridotte, non più come un tempo. La programmazione non la fanno. Sono centri di riferimento per gli appalti delle opere pubbliche». Anche la nascita, ormai quarant’anni fa, fu controversa: «Fu una battaglia di bandiera. Non ero molto convinto dell’utilità per il miglioramento economico del territorio». Tuttavia un fondamento c’era a sostegno della mobilitazione politica condivisa da Abis: «La ragione principale era che questo territorio di periferia non aveva neppure una scuola per poter formare una classe dirigente. Con la Provincia si portavano le scuole, gli uffici pubblici decentrati, gli istituti di rappresentanza statale e così via. Insomma, una rete di supporto per formare classe dirigente, quella che serve per mettere in moto iun territorio».

Lucio Abis, iscritto da due anni alla Democrazia cristiana, fa il primo approccio con la vita pubblica quando nel 1952 viene eletto nel consiglio comunale del suo paese, Villaurbana, dove diventa sindaco quattro anni più avanti e vi resta fino al 1963. Da lì gli incarichi non si contano: assessore regionale più volte, presidente della Regione nel 1970. Poi nel ‘72 il salto al Senato dove resta fino al 1994. È stato tra gli uomini più potenti della Dc, agli inizi accanto a De Gasperi poi a Fanfani, a lungo sottosegretario in diversi dicasteri, quindi ministro. Ma è stato soprattutto segretario del Cipe, il comitato interministeriale per la programmazione economica, negli anni in cui non una lira veniva concessa all’amministrazione periferica, da Milano a Palermo, senza il via libera del Cipe. È specialmente senza il suo assenso, da quella posizione che per il sottosegretario del Bilancio (con Andreotti, Cossiga e Forlani) non è delegata ma sancita dalla legge, dunque innamovibile. Da quel ruolofavorì anche finanziamenti decisamente robusti per interventi nell’Oristanese. Iniziative che oggi gli danno motivo di «delusione». Spiega: «Non il rammarico ma la constatazione che non ne seppero far nulla a beneficio del territorio». Da qui scaturisce il verdetto negativo per le Province: «Non c’è l’esigenza, sono spese in più per le casse pubbliche. Vale per quelle storiche e sia per quelle nuove. Del resto, le quattro istituite dalla Regione, non credo sia no nate con tanta convinzione, a parte le istanze campanilistiche. Bastava fare una modifica allo Statuto sui collegi elettorali».

Il punto, ragiona il senatore nato nel febbraio del 1926, è nella capacità di governo: «Vedo, diciamo che era così anche quando nacque questa Provincia, che tutto il non fatto è sempre colpa di Cagliari o di qualche entità indistinta. Il mio ragionamento, quando iniziai quella battaglia, fu: bene, se è a Cagliari che si comanda, andiamo a Cagliari». Così fece, e così fecero altri: «Siamo andati a contare. Da quel momento eravamo noi a gestire i finanziamenti e dare forza alle scelte. La morale è che non dobbiamo lamentarci e aspettare soluzioni miracolistiche ma dobbiamo costruire». Lucio Abis non vede il rischio di una nuova marginalità per il territorio con l’abolizione delle Province: «Si è marginali se non si riesce a inserirsi dove si formano le scelte e le decisioni. La burocrazia non si ferma».

I risultati dei referendum hanno anche fustigato i partiti e la malapolitica. Che ragioni possono avere i cittadini oristanesi per infliggere queste bacchettate? «Vede, sia in questo consiglio comunale e sia nel precedente, la maggioranza di governo della città capoluogo si è dissolta per via delle liti interne. Non dico di esserne certo ma potrei pensare che i cittadini si siano stancati di questo».

La politica esce male dalla consultazione. «Certo era ben altro quando i tanto vituperati partiti erano luoghi in cui si formavano le idee e le scelte dal confronto tra le varie sensibilità sociali e politiche, il centro, la sinistra, la destra. Riconoscibili, l’elettorato sceglieva sulla base di contenuti, di riferimenti ideali e anche di capacità amministrativa. Se allora avessi cambiato partito nessuno mi avrebbe più votato, oggi cambiare repentinamente da una postazione all’altra sembra una nota di merito».

La fenomenologia è per il senatore Abis anche la chiave interpretativa per le dinamiche più vicine, l’imminente elezione per il rinnovo del consiglio comunale. «Sì, anche qui vedo tanti che sono passati da un partito all’altro. Facciano pure, non giudico, dico che non è il mio principio. Io ho fatto una scelta e l’ho sempre rispettata».

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