La Nuova Sardegna

Il Giro d'Italia insegna: il gioco di squadra può allungare l'estate

di Giampaolo Meloni
Il gruppo alle porte di Castelsardo nella prima tappa Alghero-Olbia
Il gruppo alle porte di Castelsardo nella prima tappa Alghero-Olbia

L'OPINIONE - L'isola deve fare tesoro della vetrina offerta dal ciclismo e deve imparare che unire le forze può essere vincente: per il turismo e l’economia

10 maggio 2017
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Dopo la botta d'orgoglio generata dalla carovana ciclistica che ha attraversato il territorio, sarà capace la Gallura (e con essa la Sardegna) di riempirsi i polmoni e lanciarsi nella volata della ripresa economica sul percorso del turismo agganciato a una stagionalità più ampia nel corso dell’anno della consueta congestione estiva? Il Giro d'Italia nei suoi cento anni di storia trasporta sulle bici la saggezza per affermarsi metafora dell'unità, tiene insieme il nord e il sud, scala salite e scivola sulle discese, senza soluzione di continuità.

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Una metafora dei tempi d'oggi, della crisi e della speranza di tagliare un traguardo di rilancio. È una grande competizione, coinvolgente, che, come ha sottolineato il governatore della Puglia Emiliano alla vigilia del passaggio nella sua regione, conduce alla vittoria individuale ma con il contributo della squadra, di tutti i partecipanti che costruiscono la tattica e la strategia per approdare al traguardo, poco importa se ci sarà un solo primo posto: le tappe sono tante. Il Giro è un grande evento sportivo che trasmette emozioni e valorizza la collaborazione.
La tappa gallurese della carovana rosa è stata un'occasione straordinaria per illuminare con i fari dell'evento internazionale le peculiarità del territorio, le sue capacità organizzative, le specialità, le bellezze ambientali, le risorse della natura, il patrimonio agroalimentare e (parzialmente) anche quello culturale. La Gallura si conferma vetrina della stagione turistica, ma sarà sufficiente questo per mettere in moto l'ulteriore sviluppo del turismo? Con tutta probabilità la risposta è negativa. La metafora del Giro conforta questa lettura.

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Se la Sardegna vuole crescere, con entusiamo e prodotto interno lordo, deve costruire l'azienda dell'ospitalità con i grandi numeri della qualità, mettendo le proprie individualità (le ricchezze locali) a disposizione di un gioco di squadra, nel quale i singoli sono i territori, e la comunità è l'azione che si combina tra le spiagge di Arzachena e i murales di Orgosolo, che si lega tra i presìdi culturali di Nuoro e il borgo antico di Sorradile con i litorali di Villasimius e così via. Insomma, per usare l'espressione pessima che si sente spesso declinata nei convegni e nelle dichiarazioni di esperti e politici, l'«allungamento della stagione» migra dalla giostra dei desideri alla dinamica reale solo se tutti metteranno a disposizione di tutti le proprie opportunità e tutti ne faranno ricchezza comune. Parafrasando il politologo francese René Rémond, che in un suo saggio del 1990 si riferiva all’Europa, si potrebbe dire che «se c’è un continente nel quale la popolazione non è autoctona né omogenea, questa è la Sardegna».
 

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