La Nuova Sardegna

Olbia

A Rai 3 duello sulla clinica sequestrata

di Serena Lullia
A Rai 3 duello sulla clinica sequestrata

Patrizia: «Non mi devo vergognare, sono loro che mi hanno rovinato». Mossa: «Complicanza tipica di questi interventi»

25 marzo 2017
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OLBIA. Il caso giudiziario Michelangelo arriva su Rai Tre e divide il pubblico tra colpevolisti e innocentisti. Nello studio di Salvo Sottile si parla della clinica di chirurgia plastica messa sotto sequestro dalla Procura di Tempio perché considerata abusiva. Sigilli anche per le stanze dell’hotel, nel palazzo del Delta Center, in cui venivano ospitate le pazienti dopo le operazioni. Due le testimonianze delle donne che hanno denunciato la struttura sanitaria facendo scattare l’indagine. Accusano la Michelangelo di essere state deturpate dagli interventi a cui si erano sottoposte: mastoplastica additiva e addominoplastica. Che nel linguaggio extra medico significa aumento del seno e riduzione della pancia.

Le accuse. Patrizia Poma ci mette la faccia e racconta la sua storia. Doppio l’intervento a cui si sottopone, addominoplastica e mastoplastica. «Mi mostro a volto scoperto perché non ho nulla di cui vergognarmi, sono una persona onesta e cammino a testa alta. Sono loro che si devono vergognare – afferma e racconta il suo calvario –. Sono tornata a casa il giorno dopo l’addominoplastica con i drenaggi a destra e a sinistra. Quando mi accorgo che uno dei due si era staccato chiamo subito in clinica e spiego che avevo cominciato a sanguinare. Mi rispondono che non c’è nessuno e mi consigliano di attaccare un tubicino dentro l’altro e scaricare il liquido nel water. Dopo venti giorni mi faccio convincere a sottopormi all’intervento al seno. Dopo una settimana sentivo lacerare i punti. Mi hanno fatto ritornare in clinica e mi hanno ricucito con le stesse protesi. Dopo una settimana avevo di nuovo i punti che stavano saltando. Mi sono rivolta allora un legale che mi ha consigliato di andare a Sassari». Il referto mostrato in diretta recita. «Diagnosi: presenza di raccolte purulente e siero ematiche, necrosi superficiale. Si richiede valutazione chirurgica urgente ed eventuale ricovero per la rimozione delle protesi mammarie». Con Patrizia in studio il suo avvocato Egidio Caredda. «Le donne che hanno sporto denuncia sono diverse e non deve stupire. Il profilo di marketing della clinica prevedeva una incessante campagna sui social, costanti promozioni commerciali e interventi a basso costo. Un intervento chirurgico non può prescindere mai dalla corretta informazione dei rischi e delle complicanze e mai può prevalere la logica del profitto sul diritto alla salute».

La replica. In studio c’è anche Michele Mossa, proprietario della clinica e indagato dalla Procura. Precisa subito. «Non siamo una clinica ma un ambulatorio autorizzato a fare tutti gli interventi in anestesia locale, non quelli in anestesia generale. In un anno e mezzo ne abbiamo fatto 500 – dice –. Siamo in regola e anche la sala operatoria è stata autorizzata dalla Regione. Sul caso di Patrizia riconosco che c’è stato un problema e non è stato il primo. Ma si tratta di complicanze risolvibili, che possono capitare. La chirurgia plastica non è matematica». Mossa chiarisce anche l’anomalia della permanenza delle pazienti nelle stanze dell’albergo a due passi dalla clinica. «Per legge dopo due ore dall’intervento in anestesia locale il paziente deve andare a casa – precisa Mossa –. Noi invece preferiamo farli alloggiare in albergo». «L’intervento del mio assistito – commenta il legale Giampaolo Murrighile non presente in studio, che difende la clinica con Domenico Putzolu – è la testimonianza sincera di chi non ha nulla da temere ed è pronto a difendere le proprie ragioni anche in un contesto mediatico dichiaratamente avversario. Ma sarà il tribunale la vera occasione di confronto tecnico che spazzerà via ogni dubbio sul fatto che miei assistiti hanno agito nella piena legalità».

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