La Nuova Sardegna

Olbia

Dipendenti Clea in piazza contro i 139 licenziamenti

di Serena Lullia
Dipendenti Clea in piazza contro i 139 licenziamenti

Adesione massiccia allo sciopero e al sit-in davanti alla lavanderia e al municipio Rabbia e disperazione tra le tante lavoratrici che ora rischiano di perdere il posto

31 gennaio 2017
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OLBIA. Vite in bilico dietro i 139 posti di lavoro a rischio. Madri e padri di famiglia per i quali lo stipendio della Clea spesso è l’unico reddito. Con dignità ma anche con l'imbarazzo di chi non è abituato a stare sotto i riflettori, i dipendenti della storica lavanderia industriale sono scesi in piazza. Chiedono all’imprenditore Gianni Iervolino di rivedere il piano di licenziamenti. E alla classe politica di non voltarsi dall’altra parte mentre una azienda gioiello del territorio manda a casa 139 persone.

Il sit-in. Le prime bandiere dei sindacati cominciano a sventolare di primo mattino. In pochi minuti il piazzale di ingresso della Clea si tinge di rosso e bianco verde. Cgil e Cisl uniscono le forze per sostenere i lavoratori della Clea, la maggior parte donne. Solo venti non aderiscono, la metà di quelle precettate. I fischi accompagnano il loro ingresso in fabbrica.

Le guerriere. In prima fila nel corteo c’è la grintosa veterana Anna Lisa Mossa. Ha 63 anni e 34 di servizio. «Questa situazione mi fa piangere e non mi fa dormire – racconta con la voce rotta dall’emozione –. Vedere la nostra situazione sui giornali e in televisione, mi fa capire ancora di più quanto sia disperata. Ho dato tanto della mia vita a questa azienda. Sono venuta al lavoro malata, con la febbre, di domenica. Mai avrei pensato, a 63 anni, di dover fare uno sciopero per difendere il mio posto di lavoro. Non era mai capitato in tanti anni. Solo molto tempo fa scioperammo per due ore perché non ci era stata pagata la quattordicesima. La mattina del sit-in, quando il principale ci vide fuori dal cancello ci disse: entrate dentro e sistemiamo tutto. E così fece». Ieri Iervolino non si è visto. A metà mattina il figlio dell’imprenditore, a bordo della sua Audi bianca ha attraversato il corteo e si è infilato nel capannone senza dire una parola.

Quando Rina Mossa entrò alla Clea aveva solo 17 anni. «Ora ne ho quasi 49, fate un po’ i conti – dice – . È da una vita che sono qui. Allora era tutto diverso, c'era tantissimo lavoro. Il primo giorno feci 14 ore di fila, il secondo 15». Dai racconti delle lavoratrici emerge l’affetto verso l’azienda che sentono come una cosa di famiglia. «Io voglio bene a questa azienda anche se molte cose all’interno non vanno bene – aggiunge –. Sono cresciuta qui. Oggi ho 49 anni e molte mie colleghe sono anche più grandi di me. Se perdiamo il lavoro dove andiamo? Chiediamo ci vengano garantiti almeno otto mesi di contratto o ci vengano ridotte le ore invernali. Siamo pronti a fare sacrifici, li abbiamo sempre fatti». E la battaglia per il lavoro è davvero unitaria. Le dipendenti a tempo indeterminato combattono anche per le stagionali. Ingranaggi che insieme, da 40 anni, fanno funzionare la macchina Clea.

Anna Farina, 52 anni, è stagionale da 15. «Alla nostra età non ci sono alternative – afferma –. Ci auguriamo che la classe politica ci dia una mano, che non ci lasci soli. La chiusura della Clea sarebbe una sconfitta per tutta la comunità olbiese».

Vittoria Fresi Roglia ha 61 anni, da 20 un contratto a tempo indeterminato. «Con fatica, con lacrime e sangue abbiamo comprato la casa in cui viviamo – dichiara –. Senza stipendio ce la porteranno via, non potremo dare da mangiare ai nostri figli. Ci dovremo unire alle già tante persone che si rivolgono alla Caritas. A questa età perdere il posto di lavoro significa morire. E poi ci scandalizziamo quando leggiamo atti estremi compiuti da persone che sono state licenziate. Siamo una risorsa per il nord Sardegna, ricordiamoci che questa azienda ha dato centinaia e centinaia di posti di lavoro. Scioperiamo anche per gli stagionali perché anche loro sono madri e padri di famiglia. Spesso con il loro lavoro portano a casa l’unico stipendio di casa».

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