La Nuova Sardegna

Olbia

«Serve coraggio, si deve reagire»

di Angelo Mavuli
«Serve coraggio, si deve reagire»

Il dramma di Tempio. Il centro Prospettiva donna interviene dopo il racconto della moglie ferita

09 dicembre 2016
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TEMPIO. La vicenda della 61enne casalinga di Valledoria, Liliana Dettori, ferita lunedì scorso a colpi di pistola dal 71enne Costantino Ara, marito violento da cui voleva separarsi, ha destato, dopo l’intervista della donna alla Nuova, una valanga di commenti e di interventi. Sgomento, intanto, nell’apprendere che l’uomo ha sparato contro la moglie in presenza di un suo nipotino di nove anni. Un caso dunque di, cosiddetta, violenza assistita. Ben conosciuto dagli esperti del settore, come Patrizia Desole, presidente del centro antiviolenza Prospettiva donna, che da anni lavora nel territorio gallurese in difesa della vittime di violenza di genere. «La violenza assistita aggiunge – dice la Desole – dramma nel dramma. Comunque il caso di Tempio conferma come sempre più donne di una certa età provino a uscire dal tunnel della violenza». Un fatto, quello di lunedì che per fortuna non ha avuto l’epilogo di uno analogo avvenuto a Sassari qualche tempo fa. «Però è importante – dice – importantissimo che le donne stiano dando questi segnali, e che vogliano smettere di essere trattate come schiave, come ha detto la signora Dettori».

Sentimenti di solidarietà e rabbia sono stati suscitati dal drammatico racconto di Liliana Dettori che non ha avuto paura o vergogna a descrivere l’inferno che ha dovuto affrontare dal 2012, quando, stando sempre alle parole della donna, dopo 45 anni di vita in comune, l’uomo, che la tradiva con altre donne nella propria casa, ha cominciato ad offenderla in continuazione con gli epiteti più vergognosi, insultandola e umiliandola, annullandola giorno per giorno.

Momenti crudi che la donna ricorda con voce ferma: «Non mi picchiava ma mi offendeva. Cercavo di ribellarmi andando anche via di casa, inutilmente. Al mio rientro erano soltanto altri insulti e altre offese». Sino al primo luglio quando l’uomo, dopo averle dato uno schiaffo, tentò di strangolarla. «Lei è stata coraggiosa a spezzare la catena – aggiunge Patrizia Desole – ma ricordo sempre che in questi casi è utile rivolgersi ai centri antiviolenza, per un supporto e magari qualche consiglio. In questo caso, purtroppo, il femminicidio è stato sfiorato perché l’uomo sapeva dove si era rifugiata sua moglie».

Il racconto di Liliana Dettori è stato commentato con rabbia anche da donne tempiesi vicine alle associazioni di solidarietà. «Fatti salvi tutti gli aspetti giuridici e privati della vicenda – come afferma una signora – la storia deve diventare oggetto di dibattito e soprattutto di riflessione nel corso di un prossimo incontro, ancora da organizzare». Una riflessione, dice ancora l’ interlocutrice, «che dovrebbe servire come punto di riferimento e soprattutto di incoraggiamento per tutte quelle donne, giovani e meno giovani della città e del territorio, che ancora vivono nell’angoscia e nella paura, succubi e vittime di compagni violenti».

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