La Nuova Sardegna

Olbia

Tempio, la drammatica testimonianza: "Lui mi ha sparato davanti a mio nipotino"

di Angelo Mavuli
Tempio, la drammatica testimonianza: "Lui mi ha sparato davanti a mio nipotino"

Liliana Dettori nel letto dell’ospedale di Tempio racconta come il marito ha tentato di ucciderla

08 dicembre 2016
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TEMPIO. «Costantino mi ha sparato davanti a mio nipotino di 9 anni». Sono parole pesanti come macigni quelle pronunciate da Liliana Dettori nel letto dell’ospedale di Tempio dove è ricoverata da lunedì. È stata colpita da tre pistolettate esplose dall’uomo della sua vita, nel bene e nel male, Costantino Ara, pensionato 71enne di Valledoria, arrestato con l’accusa di tentato omicidio. Davanti agli occhi della donna scorre ancora il film di lunedì mattina, nella casa di piazza Serra Sirigo, dove Ara ha sparato tre colpi di pistola che potevano scrivere la parola fine alla burrascosa relazione durata 40 anni e interrotta la scorsa estate quando Liliana Dettori ha deciso di lasciare il marito e la casa di Valledoria per andare a vivere a Tempio. Al momento della sparatoria – rivela la donna – in casa c’era anche un nipote di nove anni, passato a salutare la nonna insieme ai genitori. «Mi fa male solo pensarci», dice la donna, terrorizzata.

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In ospedale Liliana Dettori racconta gli ultimi quattro anni della sua vita: «Ho vissuto fra insulti di ogni genere, come una serva in casa mia, e non una moglie, dopo che mio marito aveva deciso di frequentare altre donne».

Costantino Ara e Liliana Dettori si erano messi assieme giovanissimi. Lei reduce da un matrimonio, consumato a 16 anni, dal quale era nato un figlio. Anni di normale convivenza scanditi dall’arrivo di altri figli e dal lavoro di muratore in Costa Smeralda. «Il 3 giugno 1995 – racconta la donna – dopo 24 anni di convivenza, ci siamo sposati in Comune. L’inferno che ha portato al drammatico epilogo di lunedì scorso è cominciato invece all’inizio del 2012, quando mio marito, dopo 40 anni di vita comune, ha cominciato a tradirmi nella nostra stessa casa. Non mi picchiava ma mi offendeva in continuazione. Ogni occasione era buona per insultarmi, per umiliarmi e farmi sentire una nullità. Inutilmente cercavo di ribellarmi. Alcune volte sono andata via di casa. Al mio rientro erano soltanto altri insulti e altre offese». «Il primo luglio di quest’anno, durante una banale discussione – continua il drammatico racconto – mi ha colpito prima con uno schiaffo facendomi cadere gli occhiali e quindi mi ha afferrato alla gola e ha cominciato a stringere. Con il poco fiato che avevo ho chiamato forte mio nipotino che si trovava in vacanze da noi e che giocava fuori in cortile. Lui ha mollato la presa e al bambino che mi ha visto turbata ho detto di essermi rotta gli occhiali».

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A quel punto, lo stesso giorno, la decisione di lasciare la casa e andare ad abitare a Tempio con il figlio Massimo e con la nuora. Ossessionata dalla continue chiamate del marito che le chiedeva di tornare con lui, la donna a novembre è andata ad abitare da sola in piazza Serra Sirigo. Lunedì l’epilogo: poco prima di mezzogiorno la donna è in casa con il figlio, la nuora e il nipotino, dalla porta spalancata dell’abitazione vedono passare lentamente la Fiat Punto del marito che cerca di osservare all’interno. Liliana Dettori urla: «Hai finito di guardare?». E chiude violentemente la porta. «Poco dopo – racconta ancora – ho sentito bussare. Mi sono affacciata. Era lui che chiedeva di parlami. Ho detto no, lui ha tirato fuori una pistola e ha esploso, di fronte a mio nipote, un primo colpo che è arrivato al ginocchio. Nonostante l’intervento di mio figlio Massimo, è partito un secondo colpo che mi ha colpito alla spalla e di un terzo che ha colpito il piano di un tavolino in cristallo. Una scheggia di vetro mi ha ferito». «Ora sono qui a curami le ferite del corpo – conclude la donna – sono inguaribili, invece, quelle dell’anima».

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