La Nuova Sardegna

Olbia

La diga sul Coghinas compie 90 anni

di Giampiero Cocco
La diga sul Coghinas compie 90 anni

Oschiri, festa con il vescovo Corrado Melis che ha celebrato la messa nella chiesetta di Santa Barbara del borgo Enel

05 dicembre 2016
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INVIATO A OSCHIRI. La diga del Coghinas ha festeggiato ieri il suo novantesimo anno di vita. Uno sbarramento realizzato in soli due anni, tra il 1924 e il 1926 e da allora continua a produrre energia elettrica pulita, utilizzando l’acqua che, nella futuristica visione dell’ingegnere idraulico Angelo Omodeo, che progettò lo sbarramento sul rio Mannu e Coghinas, in una gola alle falde del Limbara, a Muzzone, avrebbe dovuto risollevare le sorti economiche di una regione, la Sardegna, che all’epoca viveva di stenti della sola economica agropastorale.

Una diga, quella del Coghinas, che ha visto nascere e crescere, sotto un monumento dell’ingegneria umana che ha attraversato due secoli rinnovandosi tecnologicamente, generazioni di operai e tecnici che lavoravano per mantenere efficenti turbine e manufatti. Un pezzo di storia isolana che affiora dal museo fotografico e dagli spezzoni dei cinegiornali Luce dell’epoca (la diga, come altri invasi isolani, venne realizzata nel ventennio fascista) per consentire alla “Sarda Ammonia e Nitriti”, una industria chimica controllata dalla Montecatini, di poter far funzionare elettricamente gli impianti di produzione di ammoniaca e solfati nella pianura di Oschiri. A gestire la diga, sino al secondo dopoguerra, fu la “Società elettrica sarda”, l’azienda isolana nazionalizzata nel 1962 dall’Enel che si fece carico, per mantenere efficenti gli impianti di produzione elettrica, di un microcosmo composto da un centinaio di persone che occupavano 24 villette a due piani, i cui figli andavano all’asilo e alle scuole elementari, avevano un cinema, un ufficio postale, lo spaccio aziendale, la mensa, una infermeria, un albergo e due bar con tanto di sali e tabacchi. Ieri un turbinio di ricordi ha percorso la mente delle centinaia di persone che erano presenti alla santa messa celebrata, nella chiesetta del borgo dedicata a Santa Barbara, dal vescovo di Ozieri, monsignor Corrado Melis e da Don Luca, il parroco della Beata Vergine Immacolata di Oschiri. «Questa diga – ha spiegato Renato Giardina, responsabile Enel Hydro Sardegna – è nata con il duplice scopo di produrre energia green e consentire agli agricoltori di poter utilizzare il bene acqua nei periodi di siccità. Ora le esigenze sono mutate ma non è cambiato lo spirito di servizio con il quale Enel gestisce le risorse del territorio, al quale assicura ricadute economiche da quasi mezzo secolo». Francesco “Tzizzu” Moro, 65 anni appena compiuti, ne ha trascorsi trentasette come capo tecnico della centrale del Coghinas, ed ha visto gli impianti, e gli operai che vi lavoravano, invecchiare e cambiare nel tempo.Luisella C, 73 anni, è invece nata nella “casette” della diga, ed ha visto morire suo padre, a 57 anni, mentre scendeva le ripide scale che portano dalle cabine di comando al tunnel delle turbine. Ha sposato Mario, uno degli autisti storici dell’Enel e ieri erano lì, con figli e nipoti, a festeggiare l’anniversario della “loro” diga. Anche Silvana, la maestrina del piccolo paese Enel – un borgo ormai scomparso: le casette sono state donate ad una Onlus che fa capo al cardinale Tarcisio Bertone, e una volta rimesse a nuovo ospiteranno una comunità di persone con handicap fisici e mentali – era ieri alla diga, per ricordare che quando, nel 1964, arrivò a Muzzone e c’erano una trentina di ragazzini che frequentavano la scuola elementare. Quando lasciò il servizio, nel 1979, gli scolari erano soltanto tre. Un microcosmo del quale chi ne ha fatto parte non può e non vuole dimenticare.

«Qui c’è la nostra vita – dice “Tzizzu” Moro, qui abbiamo cresciuto i nostri figli e visto morire i nostri cari». La diga, per Oschiri «è fonte di cultura e ricchezza» ha detto il sindaco Pietro Sircana.

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