La Nuova Sardegna

Olbia

Olbia, violentata da padre e zio la vittima racconta in tribunale gli abusi subìti

di Giampiero Cocco
Un immagine simbolo di violenza sulle donne
Un immagine simbolo di violenza sulle donne

Drammatica udienza a Tempio in cui è stata rievocata dalla ragazza una vicenda che risale al 2014 ma che venne alla luce solo un anno dopo grazie a un blitz della Dda

21 luglio 2016
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TEMPIO. Nel processo aperto contro M.A. 44 anni, e P.S., di 52, rispettivamente zio e padre di una ragazza vittima di ripetuti abusi sessuali da parte di entrambi, è arrivato il momento della deposizione della parte lesa. La giovane è stata sentita  dai giudici del tribunale di Tempio in ambiente protetto, e ha confermato le accuse nei confronti del genitore e dello zio materno, ricostruendo il lungo e doloroso peregrinare tra tuguri e grotte dove era stata costretta a vivere per quasi due anni, dai parenti. Che, sistematicamente avrebbero anche abusato di lei. Un racconto agghiacciante che ha fatto emergere uno spaccato familiare in cui il degrado morale e la costrizione fisica e psicologica erano una costante.

Una vita da schiava sessuale che venne interrotta grazie all’intervento degli uomini della squadra nautica di Olbia che avevano scoperto, sul litorale a est della città gallurese, uno degli ultimi “rifugi” della famiglia di sbandati, ponendo fine alle sofferenze fisiche e psicologiche della donna.

I due indagati, rinchiusi dal giugno del 2015 nel carcere sassarese di Bancali, erano presenti in aula, assistiti dal loro legale Rosa Cocco, per ascoltare dalla viva voce della congiunta il racconto di una vita da reclusa alla quale avevano costretto la ragazza sin dal 2014 quando avevano, stando agli accertamenti della polizia di Stato e alle dichiarazioni della vittima, cominciato a vivere in case diroccate o rifugi di fortuna, senza alcun genere di comodità. La ragazza, in uno dei rari momenti di libertà, conobbe casualmente un giovane che aveva espresso la volontà di darle una mano. A questo punto sarebbe stata ulteriormente sottoposta a controlli da parte dello zio materno e del padre, che le impedirono di rivedere il giovane offrendole in cambio dei regalini. Ma la ragazza, dopo anni di angherie e di vita randagia, decise di denunciare i congiunti, affidandosi al centro antiviolenza  “Prospettiva donna” di Olbia per l'assistenza necessaria in casi del genere. Il centro Prospettiva donna si è anche costituito parte civile e ha scelto il legale che difende gli interessi della vittima di questa terribile storia di abusi, Immacolata Di Natale.

La vicenda che ha portato i due in carcere risale al 2014, quando la ragazza, costretta a vivere in un tugurio in riva al mare e a subire le insistenti e continue “avances” del genitore e del fratello della madre, si ribellò raccontando tutto alle ispettrici della polizia di Stato che erano intervenute nel tugurio in riva al mare per aiutare la famiglia. La tristissima vicenda venne alla luce nel giugno del 2015, quando la Dda di Cagliari dispose l’arresto dei due presunti orchi per riduzione in schiavitù e abusi sessuali continuati sulla ragazza. La ragazza, che ha sofferto situazioni di estremo disagio, è attualmente seguita anche dai servizi sociali del Comune di Olbia. Il padre e lo zio materno debbono rispondere di riduzione in schiavitù, abusi sessuali continuati, sequestro di persona e altri reati minori. Il processo è stato aggiornato a settembre.

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