La Nuova Sardegna

Olbia

Toivonen e la Lancia Delta S4, l'eroe che dominò il Costa Smeralda del 1986

di Guido Piga
La Lancia Delta S4 di Toivonen al Costa Smeralda del 1986
La Lancia Delta S4 di Toivonen al Costa Smeralda del 1986

Il pilota finlandese incantò migliaia di galluresi, dodici giorni dopo morì in Corsica. Resta indimenticabile

18 aprile 2016
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PORTO CERVO. C’è una frase attribuita a Cesare Fiorio, uno che di rally se ne intende, avendo vinto dieci mondiali costruttori, che dice tutto. "C’è solo un pilota in grado di guidare una macchina da 500 cavalli". Quella macchina era la Lancia Delta S4. Quel pilota era Henri Toivonen.

I galluresi lo sanno bene. Meglio di tutti. Sono stati i primi a vedere la stella di Toivonen brillare. Al Costa Smeralda del 1984, quando il pilota finlandese corse con le stampelle per un incidente subìto con i kart e vinse, con la sua Porsche 911 Sc Rs griffata Rothmans, dando 57’’ al secondo, Carlo Capone su Lancia 037. Lo capirono anche quando l’anno dopo Toivonen, pure lui su una Lancia 037, la mitica barchetta con le insegne della Martini racing, andò a sbattere nella spettacolare, unica, speciale dell’Isuledda. Ma lo capirono ancor di più, loro e tutta l’Europa, tutto il mondo dei rally, esattamente 30 anni fa a oggi. Quando Toivonen trionfò al Costa Smeralda, edizione numero 7, campionato europeo.

Dominò, letteralmente. Correndo su un bolide che il mondo dei rally non ha mai più visto in azione: la Lancia Delta S4, 500 cavalli ufficiali, forse anche qualcuno di più. Un mostro. La belva. Per dare un’idea: oggi le Wrc, le macchine del mondiale, sviluppano "appena" 300 cavalli...

Toivonen, con il fidato navigatore Cresto, arrivò in Gallura con la Martini Racing, perché allora il rally qui era una cosa seria, l’Aga Khan era amico (e poi socio) di Gianni Agnelli, e la Fiat che controllava la Lancia mandava a Porto Cervo i suoi assi migliori, da Alen a Kankkunen.

Il rally era maledettamente una cosa seria, per la verità. Una festa di popolo. Aprivano gli alberghi della Costa Smeralda, che la gara si corresse ad aprile o a marzo. E chiudevano le scuole. O, meglio, da Olbia a Telti, da Sant’Antonio ad Arzachena, da Aggius a Bortigiadas, i bambini e i ragazzi a scuola non ci andavano. C’erano le prove, poi le prove speciali, e insomma neppure i genitori facevano storie. Il rally era il rally. Punto.

Toivonen era un mito. Veloce, pazzo, senza limiti. Impossibile non amarlo. Aveva 30 anni. La divisa della Martini gli donava qualcosa di leggendario, sembrava più di un pilota. E forse lo era. Nella prima tappa, il 16 aprile, passando da San Giacomo ad Aratena, da Berchidda a Monte Pino sino alla Crucitta, tappe storiche del rally, lui volò. Nel vero senso della parola. A Monte Pino, a 600 metri d’altezza, con le stradine strette realizzate dalla forestale, con gli strapiombi a due passi dalla carreggiata, le vallate di pini, il mare attorno a Molara sullo sfondo dopo una curva a 180 gradi, diede l’idea di cosa fosse lui, un immortale, e di cosa fosse la Delta S4, un’astronave. Alla fine, accumulò qualcosa come sei minuti di vantaggio. Il giorno dopo, nella seconda tappa, tra Capriuleddu, Campovaglio, Bonaita, San Bachisio, San Santino, altre prove mitiche, portò il vantaggio a undici minuti. Nella terza e ultima tappa, il 18 aprile del 1986, tra l’Isuledda, Monte Padru, Campovaglio, Toivonen ebbe un problema. Serio. Serissimo. Al compressore volumetrico. Qualcosa che rischiava di mandare in fumo tutto. Solo la bravura e l’intuizione dei meccani ci della Lancia, dei mostri pure loro, salvarono il finlandese. Il compressore venne eliminato, la S4 di Toivonen restò solo con il turbo. Vinse, con appena 36’’ di vantaggio su Zanussi (Peugeot 205), con poco più di un minuto su Cerrato con la Delta S4 della scuderia Jolly e con 10’ sulla Delta S4 di Tabaton della scuderia Grifone.

Una folla oceanica salutò Toivonen all’arrivo a Porto Cervo. I galluresi lo festeggiarono come un idolo, un eroe, un dominatore. Loro erano stati i primi a vederlo salire sull’Olimpo. Loro sono stati gli ultimi a vederlo lì. Quattordici giorni dopo, il 2 maggio, nell’isola sorella della Corsica, Toivonen e Cresto morirono in un incidente stradale, dopo 17 prove speciali. La notizia fece il giro del mondo. Non sembrava possibile. Quel giorno di maggio la stella dei rally divenne mortale, uno come tutti. Ma non per quei bambini di allora che, ancora oggi, trent’anni dopo, lo sentono un eroe. Immortale.

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