La Nuova Sardegna

Olbia

Il grido d’aiuto del quartiere «Baratta»

di Enrico Gaviano
Il grido d’aiuto del quartiere «Baratta»

Lettera degli abitanti colpiti più volte dai nubifragi: «Accelerare le procedure per le opere indispensabili per la sicurezza»

17 novembre 2015
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OLBIA. Il quartiere Baratta conosce bene cosa è un’alluvione. Gli abitanti dell’area al lato del Siligheddu ne hanno visto le conseguenze in ben 4 occasioni: nel 1979 poi nel 1983, quindi quella tragica del 2013 il cui secondo anniversario cade domani, e poi anche il primo ottobre di quest’anno. Un incubo, non ci sono altre definizioni. Aspettano risposte da tempo, si sono rivolti a tutti, in maniera decisa, educata. Ora però hanno rotto gli indugi. Alcuni più intraprendenti di altri, hanno iniziato a fare il giro del quartiere, raccogliendo firme. Ne hanno messo insieme 667, testimonianze vive di tanti cittadini che sperano che le autorità di Olbia, della Regione, dello Stato intervengano e pongano fine a quell’incubo. Con quelle firme in calce, è stato poi prodotto un documento che è stato inviato al governatore della Sardegna Francesco Pigliaru, al presidente del consiglio regionale Gianfranco Ganau, all’assessore regionale alle finanze Cristiano Erriu e a quello dei lavori pubblici Paolo Maninchedda. Ancora, in indirizzo c’è anche il sindaco di Olbia Gianni Giovannelli.

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La lettera. Il testo non è molto lungo ma incisivo. «I sottoscritti cittadini di Olbia, residenti nel quartere Baratta, continuamente e gravemente colpiti dalle alluvioni, in particolare a partire dal 1979 e a seguire negli anni 1983, 2013, 2015, tenuto conto di conseguenza che il limite di sopportazione è giunto a totale esaurimento (siamo tutti esasperati e angosciati, e molti anche disperati), chiedono in modo tassativo e non discutibile, di accelerare tutte le procedure finanziarie e burocratiche per la realizzazione delle opere strutturali e infrastrutturali assolutamente necessarie per il territorio e indispensabili per la sicurezza sia delle persone che dei beni materiali e immateriali».

La disperazione. La raccolta delle firme è avvenuta casa per casa, grazie al contributo di diverse persone che, con pazienza e volontà si sono messe a girare il quartiere. I volontari hanno bussato alle porte, trovando spesso il disappunto e la disperazione delle persone per la perdita di valore delle loro abitazioni, ma in tantissimi casi nessuno ha aperto, perché tante case sono state da tempo abbandonate, per mancanza di fondi per la ristrutturazione dopo l’alluvione.

Il precedente. Gli abitanti del quartiere furono facili profeti nel settembre del 1992. Scrissero a prefetto, presidente della provincia di Sassari, sindaco Gian Piero Scanu, il senatore Mario Cocciu, alla Regione compreso il consigliere regionale Nardino Degortes, all’assessore provinciale Carlo Marcetti. Chiesero la sospensione dei lavori per la bretella che collega il sovrapasso ferroviario con via Ungheria. Denunciarono, all’epoca, che la campata troppo bassa, e i piloni piantati allo sbocco del Siligheddu a mare, potevano favorire ulteriori alluvioni. Chiesero, in poche parole «la rimozione delle opere dall’alveo del Siligheddu, e assicurare agli abitanti che le opere non sono pregiudizievoli per il deflusso dell’acqua». Ma l’opera fu ugualmente completata. In effetti, quella bretella è dannosa. Tanto che a distanza di 23 anni verrà abbattuta. E’ infatti una delle opere incongrue che verranno eliminate nel quadro delle opere di mitigazione del rischio idrogeologico. Il progetto fa parte del primo lotto del piano Mancini.

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