La Nuova Sardegna

Olbia

Alluvioni, il rispetto per la natura in una carta di Olbia del 1739

Sandro Roggio
La pianta del porto di Terranova, firmata Craveri e datata 1739
La pianta del porto di Terranova, firmata Craveri e datata 1739

I canali, i fiumiciattoli e i potenziali pericoli presenti nel porto di Terranova: il disegno fotografa un habitat estremamente delicato. E racconta il “tradimento” dell'ambiente da parte dell’uomo

11 ottobre 2015
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Olbia: dopo un paio di anni dall'ultima tragica alluvione si rivedono le stesse terribili immagini. E non te lo spieghi nella bella stagione che quel luogo incantevole possa diventare tanto inospitale. Così questa estate alcuni turisti più curiosi sono andati a vedere le parti della città colpite dalle esondazioni.

Immaginabile che si siano interrogati sulle ragioni del dissesto percorrendo le strade che ne portano ancora i segni ai quali si aggiungono quelli recenti. A chiunque si guardi attorno con più cura non potrà sfuggire il carattere speciale della insenatura sulla quale la città si affaccia, la complessità del rapporto terra-acqua così profondamente alterato.

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C'è chi vorrebbe saperne di più su come stavano le cose prima delle trasformazioni subite a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, quando era pressoché integro il paesaggio originario. E non era prevedibile la metamorfosi proporzionale alla avidità di chi ha sfruttato quelle terre senza restituire nulla.

Può aiutare una carta di Olbia quando ancora si chiamava Terranova, nell'Archivio di Stato di Torino. Redatta nel 1739 dall'ingegnere Craveri (si firmava così, con il solo cognome in tutti i documenti consultati), inviato in Sardegna con il compito di dare conto ai sovrani dei caratteri dell'isola. O almeno dei suoi habitat più importanti, anche per selezionare quelli più adatti all'accoglienza di coloni, secondo il progetto del governo.

Craveri era un ingegnere con una cultura vasta, come si chiedeva in quell'epoca. Ogni inviato dal re in terre più o meno distanti doveva portare un buon bagaglio di competenze, così da consentirgli di svolgere più prestazioni. E infatti Craveri oltre a essere un bravo topografo - autore nel 1746 della prima carta attendibile dell'isola - era anche in grado di riparare un fortilizio o di progettare un'architettura per committenti esigenti (con certezza: il palazzo del barone di Sorso).

Ma soprattutto questi tecnici di scuola piemontese avevano anche competenze di idraulica: una conoscenza indispensabile - a partire dalla lezione di Leonardo - per il governo del territorio; essenziale l'interpretazione, su basi scientifiche, di fenomeni non più osservabili solo in modo empirico.

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Del disegno di Craveri si coglie la modernità. Lo sguardo accorto, incuriosito dalle tante correlazioni. E l'accuratezza del suo elaborato contiene un monito sulla complessità e sulla delicatezza di quel luogo abitato da "circa 500 anime" raccolte nel compatto insediamento nei pressi della chiesa di San Simplicio.

Risulta evidente nella carta di Olbia il rapporto molto speciale tra terra e mare, ancora oggi rilevante nonostante i profondi mutamenti, un complesso ecosistema che l'ingegnere fotografa, registrando puntualmente le principali componenti naturali e i pochi artifici, un eterogeneo quadro paesaggistico reso con l'ausilio di tecniche pittoriche (inchiostro e acquerello su carta di scarsa qualità ).

In questo antico disegno il senso di un habitat sul quale sarebbe servita maggiore attenzione nelle epoche successive.

La legenda nella carta sembra attualissima, e assumono un preciso significato le puntigliose annotazioni riferite all'acqua risorsa e pericolo. Si tratta di una serie di indicazioni che riguardano lo stato del reticolo idrografico da non trascurare: quel "canale rovinato che altre volte conduceva l'acqua in Città dalli monti di nostra Signora di Cabuabas", il "rio di Libas ivi si potrebbero fare le saline", il "Fiume Padrogiano, che ha suo principio dalle montagne di Tempio", il "sito ove erano le saline naturali", gli stagni e la rada da accudire ciclicamente per consentire gli approdi.

Una mappa che spiega il tradimento di quella geografia sospesa, utile per riflettere sulla storia di un paesaggio straordinario. Pure se vecchia di 300 anni può servire a ritrovare l’orientamento.

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