La Nuova Sardegna

Olbia

La difficile ricostruzione

di Enrico Gaviano
La difficile ricostruzione

Dalla voragine di Monte Pino alle centinaia di case sfollate: danni per decine di milioni

18 novembre 2014
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OLBIA. Difficile dimenticare, per chi ha vissuto quei momenti terribili. Dalla mattina del 18 novembre 2013 cielo plumbeo e pioggia, continua, violenta, senza fine. Come un diluvio, peggio. Alla fine, nel pomeriggio, è arrivata la piena, come una sentenza. Ha messo a nudo il sacco del territorio, il pressappochismo, l’urbanizzazione selvaggia, gli errori nel valutare i rischi possibili. Ciò che è avvenuto e continua a succedere in tante altre parti d’Italia. Quella micidiale piena, iniziata a Olbia alle 5 della sera ha seminato distruzione, milioni di euro di danni, e purtroppo anche morti. Disastri che si sono propagati a raggiera intorno alla città e nei centri vicini: Monte Pino, il ponte sull’Oddone, lo straripamento del San Giovanni, danni ambientali e morti anche ad Arzachena, strade interrotte, danni all’agricoltura e agli allevamenti. Un’ apocalisse.

Monte Pino. Il passaggio del ciclone Cleopatra ha iniziato ad assumere i contorni del dramma poco prima delle 19. Quando si è saputo che un pezzo di strada, sulla provinciale 38 che collega Olbia a Tempio e che si arrampica a Monte Pino, era stato inghiottito. Momenti incerti, perché su quella voragine aperta su un nastro d’asfalto trafficatissimo soprattutto nelle ore serali, potevano esser finite dentro chissà quante auto. Alla fine i morti in quel punto sono stati tre. Altre persone si sono miracolosamente salvate, perché ripescate incredibilmente da quel mare di fango e acqua, oppure perché si sono accorte in tempo del buco apertosi sulla carreggiata e hanno stoppato le loro vetture.

Ma la strada ancora oggi è una delle ferite aperte a un anno di distanza. La magistratura indaga sulle responsabilità di chi ha fatto i lavori, ma intanto il danno per l’intera collettività è ancora evidente. Da Olbia all’alta Gallura bisogna allungare di diversi chilometri uscendo dalla città non da via Barcellona ma su un punto più basso della circonvallazione, all’altezza di via Vittorio Veneto per poi collegarsi alla strada che si dirige verso Telti. Il progetto del rifacimento prevede la spesa di 10 milioni e mezzo per intervenire su sei compluvi. La gara d’appalto è stata avviata e le offerte ora sono all’esame dell’Anas, a cui il ministero ha affidato la gestione di tutti i lavori di rifacimento delle strade interessate dall’alluvione. L’appalto verrà assegnato entro la fine dell’anno. Ma per rivedere la strada riaperta bisognerà aspettare almeno la fine della prossima estate.

I canali della città. Il reticolo idrografico di Olbia, composto da nove canali, non ha potuto tenere imbrigliata la enorme quantità d’acqua arrivata dal cielo in quel terribile 18 novembre. Le piogge sono state abbondanti soprattutto a monte della città. I principali protagonisti degli allagamenti e degli ingenti danni sono stati il rio Siligheddu e il rio Gadduresu. La ricostruzione, fatta dall’ingegnere idraulico Marco Mancini del politecnico di Milano e dal geologo Giovanni Tilocca dell’università di Sassari, sottolinea come in particolare i due corsi d’acqua abbiano funzionato come un circuito in cui prima il Siligheddu si è ingrossato e ha portato acqua al Gadduresu che poi l’ha riportata massicciamente al Siligheddu di cui è affluente. In mezzo, l’allagamento di vaste porzioni del tessuto urbano. Città cresciuta impetuosamente nell’arco di 50 anni, passata da cittadina dedita principalmente alla pesca sino a diventare locomotiva dell’economia della Sardegna, non solo del nord est isolano. Il prezzo pagato all’urbanizzazione massiccia, senza andare tanto per il sottile, facendo compromessi con il diavolo dell’abusivismo edilizio, è stata una convivenza pericolosa. Un reticolo idrografico in cui si contano 35 ponti e ponticelli e una decina di porzioni tombate di corsi d’acqua. Per non parlare poi della deviazione dei canali, come avvenuto ad esempio per il Gadduresu dalle parti di via Barcellona. Corsi d’acqua a gomito che con la piena hanno trovato sbocco facilmente prendendo la via più breve: quella dritta. L’acqua ha memoria e riguadagna, prima o poi, le posizione che era stata costretta ad abbandonare.

I danni. Il ciclone Clopatra ha letteralmente sconquassato interi quartieri. Purtroppo la parte dell’angelo della morte l’ha fatta il Siligheddu, visto che le vittime in città si sono contate nell’area di passaggio di quel corso d’acqua. Comunque il computo aggiornato dei danni provocati dall’alluvione a Olbia recita che sono state addirittura 634 le ordinanze di sgombero di case diventate inabitabili a causa del disastro del 18 novembre, sono stati ben 3883 i soggetti che hanno presentato richieste di contributi per i danni subiti mentre le auto distrutte o danneggiate seriamente sono state 3010. Investito pesantemente anche il mondo produttivo, con 403 aziende colpite. A questo triste conteggio vanno aggiunti le strade disastrate, i ponti distrutti, resi inagibili temporaneamente o danneggiati, le tante scuole cittadine che hanno subito allagamenti. Su tutte, il simbolo della scuola Maria Rocca, costruita su un canale tombato e oggi abbandonata definitivamente.

I costi. Fare la stima dei danni è difficile se non impossibile. Al momento, si può ricordare, secondo quanto sottolineato più volte anche dal sindaco di Olbia, Gianni Giovannelli, che il Comune ha anticipato nel 2014 qualcosa come 20 milioni. Di questi 3,5 sono stati utilizzati per la messa a norma delle scuole. oltre 12 sono andati a coprire le opere di somma urgenza come l’assistenza alla popolazione colpita dall’alluvione e il ripristino del reticolo stradale.

Insieme a queste opere anche quelle sul reticolo idrografico: disostruzione di canali, ripristino degli argini del Siligheddu. È bene ricordare che di questi fondi, la struttura commissariale per l’alluvione ha riconosciuto al Comune di Olbia solo 6 milioni, all’incirca, ma finora ha versato effettivamente appena 300mila euro. A ottobre poi sono stati liberati da governo e Regione altri 8,5 milioni grazie all’allentamento del Patto di stabilità, cosiddetto orizzontale e verticale. Fondi che l’amministrazione comunale ha già deciso di spendere per altri interventi di ripristino e messa in sicurezza dei canali.

Il San Giovanni. Il fiume che scorre placido da Olbia ad Arzachena a causa dell’alluvione si è gonfiato a dismisura. Provocando milioni di euro di danni, una emergenza ambientale e la distruzione di una intera famiglia italo brasilliana: padre, madre e due figli annegati all’interno del seminterrato in cui vivevano. Sono state decine le attività economiche messe in ginocchio dalla piena del fiume, arrivata improvvisamente quando erano da poco trascorse le 19 di quel 18 novembre. Moltissime le persone rimaste senza casa, ospitate da amici, parenti, dagli alberghi stagionali riaperti in fretta e furia. Il danno ambientale è stato provocato dallo sversamento nel fiume del bitume prodotto dall’azienda Camp srl, che produceva il materiale in una fabbrica posta nelle vicinanze del letto del fiume. La piena del San Giovanni ha distrutto l’impianto provocando la fuoriuscita del materiale, con l’inquinamento dell’acqua. In questo caso si è posto solo parziale rimedio al disastro. Inizialmente si è cercato di arginare la marea inquinante. La società Verde Vita è stata incaricata dalle amministrazioni di Olbia ed Arzachena di intervenire con urgenza. Lavoro eseguito attraverso le attività di messa in sicurezza di emergenza e di indagini preliminari. Alcuni mesi fa la Provincia Olbia-Tempio, grazie all’iniziativa del commissario straordinario Giovanni Carta, ha inserito in bilancio 500mila euro per la messa in sicurezza dell’area. Resta però il problema della bonifica del fiume, per il quale servirebbero somme ben più consistenti ma al momento non disponibili.

Viabilità provinciale. L’alluvione ha provocato danni ingenti nella viabilità di collegamento con i centri minori intorno a Olbia. In particolare, oltre al collasso del ponte sul rio Loddone, che tuttora rende difficoltoso il collegamento fra Olbia e Loiri, i danni principali sono stati a carico della provinciale 24, che collega Olbia con Padru, chiusa dalla Provincia per un paio di giorni. Molto colpite le strade minori, con intere piccole frazioni isolate anche per una settimana. Gravi ripercussioni poi per le strade di penetrazione agraria. Qualche ripercussione c’è stata anche sull’approvvigionamento idrico con la rottura di una condotta d’acqua che alimenta gli agglomerati urbani di Loiri e Padru e loro frazioni. Per tutta questa serie di motivi la Comunità montana dichiarò allora lo stato di calamità naturale.

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