La Nuova Sardegna

Olbia

L’odissea di Chaddad il dottore siriano in fuga dalla guerra

di Dario Budroni
L’odissea di Chaddad il dottore siriano in fuga dalla guerra

Guardia medica di 30 anni, ha scelto la Gallura come casa «Non posso tornare nel mio paese, sarei subito arruolato»

25 ottobre 2014
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OLBIA. La sua vita è un impietoso gioco di sentimenti. Chaddad ha una moglie e due bellissimi bambini, un lavoro che sognava fin da ragazzino e una città che lo ha accolto a braccia aperte. Ma angoscia e malinconia non smettono mai di assediare la sua mente. Fa male pensare a tutto ciò che sta accadendo, anche in questo momento, a duemila e cinquecento chilometri più a est. Chaddad Rakan, 30 anni ancora da compiere, è un giovane siriano che ha scelto Olbia come casa. Da anni fa la guardia medica a spasso per il nord dell’isola, da Luogosanto fino ad Alà dei Sardi, ma da anni ha anche il cuore bombardato di sofferenza. Lui, infatti, non può più tornare in Siria, nel suo paese, per abbracciare genitori, fratelli e tanti altri parenti. Tutti quanti stretti nella morsa della guerra civile. «Se non cade il regime di Assad non potrò più rivedere né la Siria né la mia famiglia – racconta -. Se dovessi mettere piede nel mio paese mi chiamerebbero subito per il servizio militare. E mi manderebbero a combattere contro il mio stesso popolo».

Un paese distrutto. Chaddad, dunque, non può non pensare al suo paese. La guerra civile scoppiata nel 2011, tra forze governative e di opposizione, sta martoriando tutta la Siria. «La guerra di Assad ha ucciso 500mila persone – spiega -. Usano le armi chimiche, uccidono donne e bambini e i profughi sono ormai milioni. Tutto era iniziato con le proteste per chiedere la libertà. Ma la repressione è stata violentissima e adesso siamo in una guerra senza fine. Siamo nel 2014 e tutto questo non è possibile, non si può accettare che i bimbi muoiano sotto le armi oppure di fame». Anche la sua cittadina è teatro di scontri. «Viene bombardata – racconta Chaddad -. Diversi miei cugini sono morti in questa guerra, uccisi perché lottavano per la libertà. Mia zia, per esempio, ha perso 4 figli in un anno, 3 negli ultimi due mesi. Il più grande aveva 22 anni».

Impossibile tornare. La voglia di riabbracciare i suoi cari è immensa. Ma Chaddad non può farlo. È intrappolato a migliaia di chilometri da casa. «Io non ho fatto il servizio militare perché lo avevo rinviato per motivi di studio» spiega. Se dovesse tornare dovrebbe pagare 8mila dollari oppure andare a fare il militare. In Siria c’è la guerra e soprattutto ora è impossibile scampare ai doveri imposti dal regime. «Mi manderebbero a combattere contro il mio popolo, contro chi combatte per quegli ideali in cui credo – dice Chaddad -. Finché non cade Assad, dunque, non rivedrò più la mia famiglia. Ma sono sicuro, prima o poi ce la faranno a buttarlo giù».

Tra Assad e Isis. Il giovane medico, infatti, è un fermo oppositore del regime. «Io sogno una Siria diversa, io sogno un paese libero e democratico – confessa -. Proprio come l’Italia. Certo, anche qui c’è crisi e poco lavoro. Ma almeno c’è la libertà, è una cosa fondamentale». Una buona parte della Siria, come se non bastasse, è adesso controllata dai tagliagole dell’Isis, il Califfato nero che sta mettendo a ferro e fuoco città e villaggi, trucidando migliaia di persone a suon di piombo e decapitazioni. «Sono assassini e ammazzano le persone come fossero animali, proprio come fa Assad – dice Chaddad -. Anzi, penso che sia stato proprio lui a contribuire alla formazione dell’Isis. Ha liberato tanti guerriglieri che adesso stanno creando questo terrore. Forse l’ha fatto per distogliere l’attenzione dalla guerra civile».

Italia nel cuore. Chaddad Rakan è comunque felice di vivere in Italia. Fa un lavoro gratificante e dice di non aver mai avuto problemi di integrazione. «Voglio bene all’Italia e soprattutto alla Sardegna – confessa -. Noi siamo musulmani e proveniamo da un paese lontano, ma io le differenze non le sento. Qui dunque mi trovo benissimo, mi sento a casa. L’Italia per me è come la Siria. Qui lavoro e qui sono nati i miei bambini». Lui è uno dei pochi siriani residenti in Gallura. Oggi vive in una casa con una libreria piena di manuali di medicina e con il pavimento disseminato di giocattoli dei suoi bambini. Insieme alla moglie Maali, comunque, conserva quelle tradizioni più care del suo paese. Compresa quella culinaria. Agli ospiti, per esempio, la coppia offre ottimi dolci tipicamente arabi, ma non disdegna di certo la cucina occidentale. Chaddad ha la giornata pienissima, tra lavoro e famiglia, e quando può si reca in moschea per pregare. «Faccio un mestiere che mi piace – confessa -. Seguo orari particolari, non è facile. Ma è bello aiutare il prossimo e vedere una persona che comincia a stare meglio perché l’hai aiutata tu».

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