La Nuova Sardegna

Olbia

Il restyling del lungomare si è fermato a Mogadiscio

di Dario Budroni
Il restyling del lungomare si è fermato a Mogadiscio

Esclusa dal progetto di recupero della vecchia darsena di via Redipuglia: la storica spiaggia degli olbiesi oggi è condannata al degrado e all’incuria

15 settembre 2014
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OLBIA. Il mare accarezza la sabbia e le rocce si affacciano dai cespugli sempreverdi. I fenicotteri si riposano con le zampe a mollo e i pescatori sistemano le reti seduti su vecchi chiattini. Ma basta voltarsi un attimo per scoprire che il quadro è macchiato dai colori accesi della plastica, dalle erbacce ingiallite che avanzano veloci fino a immergere le radici nell’acqua. La spiaggia di Mogadiscio, insieme al tratto di terra e mare che arriva fino a Poltu Quadu, è potenzialmente uno degli angoli più incantevoli del golfo olbiese. Ma nella realtà è un pezzo di paradiso al quale la città ha sempre voltato le spalle. Degrado e incuria qui fanno da padroni. E la riqualificazione è ancora imprigionata tra le righe del grande libro dei desideri.

Un posto dimenticato. Questa è la fetta più interna del golfo di Olbia. Qui il mare si infila dentro la città, ma tutto attorno domina la spazzatura. La spiaggia di Mogadiscio, in particolare dal pilastro del ponte fino al muro della peschiera, è disseminata di rifiuti di ogni genere. Bottiglie di plastica e di vetro, cartacce, lattine sbiadite dalla salsedine, copertoni di auto e di camion. E spesso spuntano fuori anche piccole montagne di calcinacci, mattonelle e blocchetti frantumati, che in tanti hanno pensato di scaricare da queste parti. Nello spiazzo sterrato ogni tanto sostano alcuni camper, mentre i pontili di legno marcio danno un ulteriore tocco di degrado a tutta la zona, spesso presa d’assalto anche dai soliti eserciti di arsellatori abusivi.

Rinascita lontana. Da anni si parla della riqualificazione di tutta Mogadiscio. Si è parlato della realizzazione di un grande parco, una sorta di eden ambientale dentro la città, e c’è anche chi continua a proporre di trasformare il muro della peschiera in una pista ciclabile che arriva fino a Poltu Quadu, un quartiere impossibile da raggiungere se non in auto o in bus. Poi c’è la questione del cantiere navale che in tanti vorrebbero veder collocato da un’altra parte, non più nel cuore della città. Ma oggi è ancora tutto fermo. Nessuna rivoluzione all’orizzonte, Mogadiscio non è ancora fruibile da olbiesi e turisti. A breve partiranno i lavori che cambieranno il volto di tutto il lungomare. Un grosso e importante progetto che però non interesserà Mogadiscio, visto che la riqualificazione comprenderà il tratto che va dal molo Brin fino al ponte di ferro.

La spiaggia degli olbiesi. Mogadiscio è sicuramente un angolo storico per tutta la città. Qui i vecchi olbiesi andavano a raccogliere le arselle e le famiglie ci si facevano addirittura il bagno. Magari la domenica, quando tutte le altre spiagge del golfo erano roba per pochi fortunati. Curiosa anche l’origine del nome, dal gusto vagamente esotico. Si racconta, come scritto anche da Dionigi Panedda, che un reduce olbiese, che aveva prestato servizio nella Somalia italiana, negli anni Trenta chiamò il suo asino proprio «Mogadiscio», nome della capitale dello stato africano. La bestia fu poi seppellita a ridosso della spiaggia. E così diede il nome a tutta la zona che dal ponte di ferro arriva alla peschiera.

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