La Nuova Sardegna

Olbia

oschiri

Santo Stefano, una notte magica

di Natalino Piras
Santo Stefano, una notte magica

Successo della quinta edizione di «Archeologia sotto le stelle»

04 settembre 2014
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OSCHIRI. La quinta edizione di "Archeologia sotto le stelle", davanti all'altare di Santo Stefano, è stata di grande intensità. Nel segno della luna, delle sue illuminazioni, le sue erranze. Era stagliata nel cielo cobalto, grande, misteriosa. Dal basso salivano voci, canti, frammenti di poema, musiche. Protagonisti il coro di Bonnanaro, Confraternita di Santa Croce, Nino Pericu che ha interpretato "A varia luna errando" di Giovanni Dettori, accompagnato al clarinetto da Angelo Vargiu. Come ogni anno le gente è arrivata davanti all'altare rupestre al seguito dell'incantatore Giorgio Pala, guida archeologica che mette insieme competenza e passione. Giorgio esplica quanto di divinità è presente, dopo millenni e millenni, nella pietra. Riferimenti alla religiosità dei padri nuragici, alla dea cartaginese Tanit ma pure al coro sacerdotale dei babilonesi che intona "Enuma Elish" per chiedere a Dio, uno come summa di molti, di ascoltare. Come in sincretismo religioso, fatto naturale, il seguito dell'invocazione al Dio nuragico- cartaginese-babilonese lo ha fatto sentire il Coro di Bonnannaro con un canto d'introito della tradizione cattolica: “Deus in adiutorium meum intende", vienimi in aiuto Signore. Una magia, l'incanto della notte archeologica dove le voci di Giommaria Chessa, contadino ottantenne, Bachisio Masia, Giuseppe Cau, Michele Carboni e l'avvocato trentenne Francesco Masala, erano distinte una per una così come a perfetto cuncordu. Si stagliavano i cantores nei loro sai di bianco candido, la veste della Confraternita. "Preziosa Ruke Santa, arbore d'eterna vida". La croce che da strumento di passione, diventa nella ricerca, nel continuato viaggio, albero d'eterna vita. Come tale fiorisce. Il coro di Bonnannaro ha mostrato perfette interazione e alternanza, canto e controcanto, con la recita forte, insieme empatia e distacco attoriale di cui è stato è capace Nino Pericu nel leggere Giovanni Dettori: poeta di erranze e scarnificazioni. Un continuo andare verso Mai Uve, Mai Dove. Utopie e dolore. E poi il clarinetto di Angelo Vargiu, che da flebile accompagnamento diventa suono possente, lo spartito di "Dulcinea" a contrastare e interare il "Magnificat" del coro di Bonnananaro: la Madonna che ringrazia il Signore perché porta in grembo suo figlio. Erranza nel tempo fermo della pietra nuragica, erranza verso il mare che si fa oceano, le parole della poesia che entrano nello Spirito delle acque. La pietra e l'acqua sono elemento vivificante dell'archeologia: quando la ricerca si fa proposta culturale. Sta qui l'incanto, sotto le stelle di questa notte oschirese. Ha detto una voce dal pubblico che «sentire questo cantare in sardo toglie via il freddo». Quale maggiore riconoscimento. L'evento è stato organizzato dall'associazione Su Furrighesu" insieme al Comune (presente il sindaco Pietro Sircana). Poi le voci della tradizione, quelle dell'erranza e gli accordi del clarinetto hanno continuato a mescolarsi: una archeologia di sorprendente modernità.

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