La Nuova Sardegna

Olbia

Il gip: Frigeri pericoloso ma non ha agito da solo

Il gip: Frigeri pericoloso ma non ha agito da solo

Strage di Tempio, ecco l'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Secondo il giudice, il 32enne ha fornito i cavi a chi ha ucciso la famiglia Azzena

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21 maggio 2014
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TEMPIO PAUSANIA. Angelo Frigeri, il 32enne accusato della strage familiare di Tempio Pausania, non può aver agito da solo. È quanto emerge dall'ordinanza  emessa in serata dal Gip di Tempio, Marco Contu, che non convalidato il fermo ma disposto la custodia cautelare in carcere dell’artigiano: secondo il giudice, rimanendo libero può inquinare le prove contattando persone ancora non identificate, come i presunti complici, o persone ancora non sentite dagli investigatori.

Non ha agito da solo. Secondo il giudice, vista la complessità della dinamica del triplice omicidio, con la possibilità che l'uccisione di padre, madre e figlio sia avvenuta in momenti diversi, può ritenersi verosimile che Frigeri non abbia agito da solo. Secondo quanto scrive il Gip Marco Contu nell'ordinanza, ha collaborato al delitto «consentendo agli autori materiali del reato di penetrare all'interno dell'abitazione al fine di perpetrare il reato, fornendo agli stessi i cavi atti a cagionare il decesso, nonchè costante collaborazione, procurando documentazione prelevata nel negozio della persona offesa e partecipando anche alla fase del tentativo di pulizia della scena del crimine».

Il movente. Il giudice ritiene che l'artigiano avesse «l'incarico di recuperare, ciò che poi ha fatto, documentazione relativa a prestiti di denaro e/o di altre utilità fatti da Giovanni Maria Azzena a terzi i quali eventualmente temevano di essere chiamati ad una restituzione forzosa o forzata di quanto imprestatogli». I documenti altro non sarebbero che il quaderno che gli investigatori stanno cercando di recuperare, quaderno nel quale si sospetta possano essere stati annotati i prestiti gestisti da Azzena. Lo stesso Frigeri durante uno degli interrogatori ha ammesso di aver prelevato il quaderno nel negozio di scarpe dei coniugi uccisi, che si trova al piano terra dello stabile dove anche la famiglia viveva. L'artigiano aveva precisato di aver visionato il quaderno all'interno del negozio ma di sapere che gli Azzena lì dentro vi annotavano di tutto.

È pericoloso. Secondo il gip Angelo Frigeri è una persona «aggressiva» e «violenta». Il tuttofare, se libero, potrebbe pregiudicare le indagini mirate a individuare i complici e a ricostruire il movente «contattando persone a conoscenza dei fatti, al fine di indurle a rendere dichiarazioni in tutto o in parte non conformi al vero, avvalendosi della propria personalità aggressiva e violenta quale si desume dalle modalità dei fatti cui ha preso parte quantomeno come concorrente».

Le telecamere. Sono numerosi gli elementi oggettivi recuperati dagli inquirenti nei confronti di Angelo Frigeri che si evincono dall'ordinanza di custodia firmata dal Gip Marco Contu. Elementi che lo «posizionano» all'interno della casa al momento del delitto. In primo luogo le telecamere della zona individuano Frigeri «nella fascia oraria in cui gli omicidi si erano verificati», tra le 13.30 e le 15.30. L'occhio elettronico lo inquadra mentre «entra nel negozio degli Azzena, aprendo la porta con le chiavi», prese poco prima dall'appartamento «e prelevare dallo stesso un incartamento».

La telefonata. Le telecamere riprendono Frigeri mentre telefona a persone non ancora identificate.

Jeans insanguinati. La presenza di Frigeri nell'appartamento è confermata anche dal «rinvenimento di un paio di suoi pantaloni sporchi di sangue» e «di una lattina di bevanda». Frigeri ha confermato di aver abbandonato la lattina e i pantaloni che aveva usato per pulire il sangue, sostituendoli con un paio di Giovanni Azzena che poi ha indossato.

Doppia confessione. Angelo Frigeri per ben due volte ha confessato di essere l'autore del triplice omicidio. Inizialmente ha detto di «essersi recato a casa della famiglia Azzena quel giorno per cambiare il filo dell'antenna e per lavorare su un lampadario e di aver assistito agli omicidi». E ha incolpato della strage una terza persona di cui non ha fatto il nome. Un nominativo che però era presente, secondo quanto dichiarato da Frigeri, nel quaderno poi prelevato nel negozio dei coniugi ucciso. L'operaio, scrive il Gip, «precisava che il tutto era stato pianificato e che l'autore degli omicidi era stato fatto entrare in casa da lui e che egli non aveva fatto nulla per impedire la commissione degli omicidi stessi». Nello stesso interrogatorio l'indagato ha poi cambiato versione e «si assumeva la paternità degli omicidi, precisando di aver ucciso prima Giulia, poi Giovanni e infine Pietro». Anche nell'interrogatorio successivo il tuttofare «ribadiva di essere l'autore dei tre omicidi», ma non spiegava nè le ragioni nè il modo in cui aveva ucciso i tre.

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