La Nuova Sardegna

Olbia

Urbanistica, dopo il disastro è l’anno zero

di Alessandro Pirina
Urbanistica, dopo il disastro è l’anno zero

Amministratori comunali, tecnici e professionisti a confronto davanti agli studenti del “Deffenu”

06 aprile 2014
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OLBIA. Il dramma dell’alluvione ha acceso i fari su una città fragile che fino al 18 novembre non si era resa conto della sua vulnerabilità. O forse aveva preferito chiudere gli occhi, confidando in una buona sorte, che, invece, quel terribile lunedì l’ha abbandonata. Ieri la storia urbanistica di Olbia, tanto cemento gettato a casaccio e pochissime leggi rispettate, è stata al centro di un convegno organizzato dall’istituto Deffenu.

Un incontro-dibattito per discutere sul futuro della città, tenendo ben presenti gli errori commessi nel passato. «Dal 18 novembre il livello di attenzione e responsabilità si è innalzato per tutti – ha esordito il sindaco Gianni Giovannelli –. Per i cittadini, ma ancora di più per noi amministratori. La città va ristudiata e ripensata dal punto di vista urbanistico». Un concetto ribadito dall’assessore all’Urbanistica, Carlo Careddu, che, chiamato a delineare la città del futuro, ieri ha anche presentato alcune possibili soluzioni per via Redipuglia, trasformata in una banchina pedonale. «L’alluvione ha dimostrato che questa città si è sviluppata in modo troppo disordinato – ha affermato Careddu –. Olbia è un gigante dai piedi d’argilla. Di qui la necessità di uno studio per individuare le zone della città a rischio idrogeologico, per individuare le opere di mitigazione del rischio necessarie, anche se in alcuni casi la scienza non può eliminare del tutto il rischio». L’intervento del geologo Giovanni Tilocca ha confermato la fragilità di Olbia, dovuta da un lato alla sua natura lagunare, dall’altro al far west che in 40 anni ha permesso scempi e abusi. «Olbia è un disastro idrogeologico, a prescindere dal 18 novembre – ha tuonato Tilocca –. Tutto nasce dalla presenza di tantissimi canali, creati durante le bonifiche per la malaria. Questi rii che scorrono sotto le case sono stati progettati per portare l’acqua a mare il più veloce possibile, sono vere e proprie bombe d’acqua. La pianificazione della città non può non tenere conto di queste considerazioni, perché l’acqua va dove deve andare. Olbia è una città incompatibile con una pioggia superiore ai 50 millimetri orari. Figurarsi che il 18 novembre si è toccata quota 176». Antonello Marongiu, funzionario del Comune, è stato chiamato dagli organizzatori, Antonio Careddu e Antonello Antolini, per raccontare la storia urbanistica di Olbia. Dal primo piano regolatore datato 1956 – che prevedeva il fortunatamente mai realizzato ponte tra la Sacra famiglia e piazza Crispi – allo stop del sindaco Saverio De Michele, zio di Giovannelli, a una raffineria di petrolio a Cala Moresca prima e a Capo Ceraso poi, dal boom dell’abusivismo a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, che costrinse poi le amministrazioni a fare ricorso a 17 piani di risanamento, al Puc partorito da Nizzi nel 2004, ma subito cassato per incompatibilità con il Ppr di Soru. L’ultima parola al dirigente del settore Urbanistica, Tino Azzena, che ha illustrato quali principi e norme bisogna seguire nella stesura di un Puc.

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