La Nuova Sardegna

Olbia

Verso il disastro su un fiume di veleni

di Antonello Palmas
Verso il disastro su un fiume di veleni

Rio San Giovanni, nessun intervento statale dopo che il ciclone disperse 12mila litri di oli e gasolio. A rischio l’arcipelago

23 marzo 2014
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OLBIA. Se l’alluvione ha trasformato quell’area in una bomba ecologica, il disinteresse di chi avrebbe dovuto intervenire ha acceso la miccia del disastro ambientale. Non usa mezzi termini, il comandante della polizia locale Gianni Serra, nel descrivere la situazione creatasi nel rio San Giovanni, un corso d’acqua tra i Comuni di Olbia e di Arzachena, nel quale continuano a essere sversati migliaia di litri di oli e idrocarburi tra i più inquinanti: «Il rischio è che finiscano in mare nel golfo di Cannigione, determinando una vera catastrofe ambientale». Una situazione ben conosciuta, ma della quale gli organi competenti sembrano essersi disinteressati. E l’ultimo sopralluogo della polizia locale ha confermato che nulla si è mosso e che nel frattempo la situazione, da grave, è divenuta critica: ieri Serra, annunciando di aver predisposto un’informativa da consegnare al magistrato di turno, il sostituto procuratore del tribunale di Tempio, Angelo Beccu, ha indetto una conferenza stampa al comando per spiegare cosa sta succedendo.

Dodicimila litri di veleni. Il ciclone del 18 novembre aveva devastato anche l’area nel Comune olbiese, a San Pantaleo, nella quale ha sede la Camp srl, una ditta oranese che si occupa di produrre inerti e conglomerati per la cui preparazione occorrono grandi quantità di emulsioni e oli di vario tipo, tutte altamente inquinanti. Già nelle ore immediatamente successive la Camp aveva chiesto un aiuto urgente: le cisterne e i fusti contenenti i materiali erano stati dispersi finendo in parte nel fiume o minacciando di finirci e di defluire verso Arzachena. Erano finiti in acqua o sul terreno 7000 litri di olio combustibile, dai 3000 ai 5000 di gasolio, oltre ad altri fusti da un migliaio di litri ciascuno, in quantità non identificata, contenenti oli con emulsioni.

Intervento tampone. «Nell’immediato (era presente l’unità di crisi) – racconta Serra – si decise di far intervenire una ditta specializzata di Porto Torres, la Verde Vit, che posizionò delle panne assorbenti e delle barriere galleggianti di contenimento. Ma si trattava solamente di un intervento tampone atto a evitare lo spargimento degli inquinanti per il quale Olbia utilizzò 190 mila euro stanziati dalla protezione civile: la ditta incaricata valutò che per la vera bonifica sarebbero stati necessari 2.4 milioni di euro. Una cifra che le amministrazioni locali non avrebbero mai potuto fornire.

Verso il disastro. «Nel frattempo, in questi 4 mesi nulla si è mosso, come abbiamo accertato – dice Serra –. Gli sversamenti sono proseguiti, le panne posizionate sono divenute insufficienti a trattenere gli oli, che con l’aumento delle temperature tendono a fluidificare e a diffondersi quindi più velocemente nell’ambiente. L’inquinamento sta così assumendo proporzioni devastanti». Visto che il danno è intercomunale e considerate le dimensioni, è chiaro che sarebbe dovuto essere lo Stato a occuparsi del problema, attraverso il commissario straordinario per l’emergenza. Inutili le richieste di intervento inviate a più riprese dai Comuni di Olbia e Arzachena, rimaste incredibilmente senza risposta.

Un paradiso minacciato. «Quello che preocupa è la sensazione che non vi sia la volontà di intervenire» dice il comandante Serra. Nel frattempo cinque chilometri di fiume si sono trasformati in un inferno ecologico e l’inquinamento rischia di arrivare sino al mare. Il presidio della Verde Vita, in mancanza di finanziamenti, sta per essere smantellato. Dal Comune di Olbia segnali di indignazione: se ce lo avessero permesso avremmo anticipato noi le cifre necessarie, fa sapere il sindaco di Olbia, Gianni Giovannelli. Mentre il suo collega arzachenese, Alberto Ragnedda, che aveva già informato la Procura della situazione che si stava creando, manifesta tutta la sua preoccupazione: «Davanti alla foce del rio c’è l’Arcipelago – ha commentato – ed è a rischio un patrimonio ambientale e la risorsa turistica del territorio. Eppure non mi risulta che ci sia un progetto per risanare l’area».

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