La Nuova Sardegna

Olbia

Olbia, città dei mille condoni tradita dai risanamenti mancati

di Enrico Gaviano
Olbia, città dei mille condoni tradita dai risanamenti mancati

Una crescita impetuosa, spesso senza freni, contrassegnata da un massiccio abusivismo edilizio Dietro le vittime e i danni ingentissimi, l’assenza di una politica attenta all’ambiente

21 novembre 2013
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OLBIA. Il peccato originale di Olbia, ferita profondamente dal Ciclone Cleopatra, è stato la sua crescita impetuosa. Da semplice cittadina dedita principalmente alla pesca e all’agricoltura a locomotiva trainante dell’economia sarda. Trenta-quarant’anni di sviluppo straordinario che hanno portato la città ad avere 60mila abitanti più altri 10-20mila, in estate 40 mila, che vi risiedono senza essere regolarmente registrati. Il prezzo di questa crescita in progressione geometrica è aver fatto troppi patti col diavolo dell’abusivismo edilizio. In queste ore si è scatenata la caccia al colpevole, a chi ha permesso tutto questo, mentre la spinta demografica si faceva impetuosa. Attenuanti, dopo il pesante tributo di vite umane e degli ingentissimi danni, sono certamente fuori luogo.

Piani di riassetto. La città dagli anni Ottanta a oggi è cresciuta in orizzontale. Niente palazzi, grattacieli. Ma lì dove c’erano gli orti, oggi ci sono costruzioni unifamiliari, al massimo palazzine da uno-due piani. L’occupazione del terreno è stata massiccia nell’area centrale della città, inevitabilmente intorno al reticolo di canali che nel tragico nubifragio di lunedì sono stati la causa principale di morte e distruzione. La crescita c’è stata anche e soprattutto verso la periferia, gonfiatasi a dismisura in diverse direzioni. Viale Aldo Moro è periferia ma al tempo stesso centro. Intorno sono nati come funghi interi quartieri. All’inizio senza strade asfaltate, fogne, luce. Si è aggiunto cemento, e ancora cemento, perché intanto, poi, qualcuno ci avrebbe pensato. Lo Stato, la Regione, il Comune. Con i soldi pubblici, prevalentemente. Non per niente a Olbia ci sono ben 17 piani di risanamento, equivalenti a 17 quartieri cresciuti precipitosamente. Istituiti dalla Regione e governati dal Comune che in parte utilizza i denari versati dai cittadini per le opere di urbanizzazione, ma in parte deve fare ricorso a soldi propri. Caso emblematico Pittulongu, uno dei 17 piani di risanamento. Lì c’è una delle direttrici di sviluppo. Zona oltretutto molto ambita perché a ridosso delle spiagge a nord di Olbia. Nel 2005 il pm Renato Perinu mise sotto sequestro l’intero piano di risanamento. La valanga di richieste di licenze edilizie, circa 270, impose un intervento deciso della magistratura per bloccare tutto. Ma un po’ in tutta la città si è andati avanti sfruttando un vecchio piano di fabbricazione, in assenza di un Puc che non arriva mai, che lasciava spazio alle deroghe. La manica larga ha lasciato passare di tutto e di più. Per questo il faldone dell’inchiesta che riguarda le licenze edilizie rilasciate a Olbia è ormai grossissimo. Con un superperito che in questi anni se ne sta occupando.

Le violazioni. La crescita galoppante si è portata dietro un abusivismo sfrenato. Inevitabile, si dirà. Quando c’è un’alta richiesta di appartamenti, la maggior parte degli imprenditori non va per il sottile. E poi, come una manna dal cielo per gli abusivisti, sono arrivati anche i condoni. Basti ricordare che il Governo ne ha varati tre proprio nel periodo di massima espansione di Olbia: uno nel 1984, uno nel 1995, uno infine nel 2003. Fa un po’ sorridere la protesta di una signora nei confronti del sindaco Giovannelli: «La mia casa è distrutta. E la colpa è vostra, perché il Comune mi ha condonato la costruzione». Condono arrivato prima dell’arrivo dell’attuale sindaco. Ma questo importa poco, perché per effetto della legge, le amministrazioni erano costrette a rilasciare il «visto e approvato». Ora ad esempio c’è la possibilità di bloccare le richieste di nuovi condoni e di non portarle avanti. Ma il peggio è ormai avvenuto. Le case che affiancano il rio Zozzò, il San Nicola, il Padrongianus e gli altri canali sono tantissime. Una città che si è plasmata in interi rioni intorno ai ruscelli e narcisisticamente si specchia su quell’acqua. Che lunedì le ha inferto una ferita mortale.

I canali. Gira e rigira, il problema principale è cercare di limitare i danni dovuti alla presenza dei canali all’interno della città. Probabilmente la soluzione migliore sarebbe quella di allentare, frenare la discesa dell’acqua verso la città. Con delle vasche a monte. Un progetto dai costi altissimi, ma forse l’unica strada utile da percorrere.

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