La Nuova Sardegna

Olbia

G8, maxi-evasione fiscale 166 milioni mai dichiarati

di Pier Giorgio Pinna
G8, maxi-evasione fiscale 166 milioni mai dichiarati

La Maddalena, la Finanza chiama in causa il gruppo del costruttore romano Diego Anemone. Cricca della Ferratella, l’imprenditore è indagato con Bertolaso e sedici presunti soci

28 marzo 2013
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LA MADDALENA. Scandalo G8 senza tregua. Adesso i finanzieri del Comando provinciale di Roma contestano un’evasione fiscale da 166 milioni all’Impresa Anemone Costruzioni Srl e denunciano per reati tributari 5 amministratori della società. L’azienda è quella che più di ogni altra, tra il 2008 e il 2009, ha operato nell’arcipelago sardo per le Grandi opere legate al summit, poi spostato all’Aquila. L’indagine si affianca a una parallela avviata dalla Corte dei conti per danno erariale. E rappresenta, sul fronte delle presunte irregolarità nei riguardi dell’Agenzia delle entrate, l’altra faccia della medaglia dell’inchiesta penale. Su quest’ultimo versante, assieme all’imprenditore romano Diego Anemone, sono indagati l’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso e 16 alti dirigenti pubblici della Struttura di missione attiva alla Maddalena per le bonifiche dell’ex arsenale e la riconversione per usi turistici delle strutture militari.

Il processo, sospeso mesi fa a Perugia, dovrebbe presto riprendere nella capitale. Nel frattempo, come mostra la svolta di queste ore, ad Anemone e presunti soci in affari si addebita il mancato versamento della colossale somma all’Erario. Il perché della “svista” appare evidente agli investigatori. Durante gli accertamenti penali è stato finora contestato a 18 imputati, compreso il costruttore romano, di essersi impadroniti di quasi la metà dei 480 milioni stanziati da Stato e Regione per il G8 nell’arcipelago. E dato che gli inquirenti sono convinti che quella montagna di denaro sia frutto di appalti gonfiati, come avrebbero potuto denunciare al fisco queste somme gli uomini dell’imprenditore romano senza incorrere nella possibilità di farsi scoprire prima del tempo?

L’ultima verifica della Finanza, comunque, ha tratto spunto da nuovi, accurati riscontri sui Grandi eventi. Oltre 100 controlli incrociati su fornitori e su altre società riconducibili al gruppo Anemone hanno portato alla scoperta di documenti criptati attraverso codici numerici dei committenti e dei luoghi di esecuzione dei lavori. Nel contesto delle indagini sono risultate coinvolte altre 4 società, per opere portate a termine solo sulla carta alla Maddalena, e documenti contraffatti per somme totali pari, in questo esclusivo caso, a 38 milioni.

Anemone Costruzioni, negli anni, si era aggiudicata importanti appalti pubblici che le hanno consentito, tra il 2005 e il 2009, d’incrementare il proprio volume d’affari sino a raggiungere i 57 milioni di fatturato. Ma adesso gli uomini del Nucleo romano di polizia tributaria hanno decrittato la contabilità parallela della Srl e scoperto tanti lavori edili mai fatturati e mai dichiarati al fisco.

In particolare, è stato accertato che l’Anemone Costruzioni «figurava sia quale società facente parte del consorzio Maddalena Scarl (di cui l’impresa del gruppo deteneva il 93,5% di quote) sia come esecutore materiale di alcune opere: le fatture emesse dall’Impresa Anemone nei confronti della Maddalena Scarl, ammontanti a 21 milioni a fronte di lavori nell’isola, erano in realtà relative a operazioni oggettivamente inesistenti». «I riscontri in loco sui documenti riportanti i nominativi delle maestranze intervenute nei diversi cantieri – si legge ancora nelle carte giudiziarie – hanno infatti evidenziato la totale assenza di personale dipendente o riconducibile alla Anemone Costruzioni».

Non solo: la stessa impresa, «al fine di consentire a ulteriori tre società riconducibili al gruppo (Arsenale Scarl, Cogecal Srl e Tecno-Cos Srl), anche loro impiegate alla Maddalena, di sottrarre a tassazione gli ingenti ricavi derivanti dall’assegnazione dell’appalto, risulta aver emesso, nei loro confronti, fatture per operazioni inesistenti per un ulteriore importo complessivo di 17 milioni». I finanzieri hanno passato al setaccio decine di conti correnti bancari. Conti intestati a diverse aziende, amministratori pro-tempore e soci. L’analisi ha permesso di ricostruire “movimentazioni” per un totale di circa 86 milioni, «non supportate da documentazione che le riconducesse a operazioni contabili fiscalmente dichiarate».

Alla fine, le indagini hanno così consentito di definire il reale fatturato della società romana negli ultimi anni. Oltre che di quantificare una base imponibile sottratta alla tassazione da imposte dirette e Irap per un ammontare complessivo di circa 140 milioni, unita un’Iva evasa per più di 26 milioni.

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