La Nuova Sardegna

Il trofeo Alasport è diventato un caso. Un piccolo paese dell’interno della Sardegna che si è visto proiettato sulla ribalta internazionale. Perché? Antonello Baltolu, inventore della manifestazione , lo ha sempre sottolineato: «il merito è degli abitanti di Alà dei sardi. Quando nella zona non esistevano alberghi e neanche locande, tutti i paesani si sono mobilitati per ospitare gli atleti». Il mito è nato così. Campioni celebrati come Franco Fava, Franco Arese, i polacchi Malinowski e Maminski, Rosa Mota, Gabriella Dorio, Franco Panetta, gareggiarono sul selvaggio tracciato di Alà, fra lentischi e lecci, anche in mezzo alla neve quando il generale inverno decideva di calare sul Goceano. Freddo tanto, tantissimo. Ma i big del fondo internazionale non lo sentivano, riscaldati dal calore degli alaesi. Davanti al caminetto, mangiando salsiccia e formaggio e bevendo vino e abbardente, iniziavano dialoghi straordinari, in cui il polacco, il francese, il portoghese riusciva comunque a comunicare con i paesani. Con il passare degli anni, la gara è cresciuta, e l’apertura di alcuni hotel e bed and breakfast nella zona, ha consentito una sistemazione meno precaria, ma anche meno originale, agli atleti. il fascino, però, è rimasto intaccato. E l’ albo d’oro della gara lo testimonia. Campioni già affermati o astri nascenti hanno scritto il loro nome nell’elenco dei vincitori. L’elenco è lungo. Basta ricordare Arturo Barrios, Khalid Skah, John Ngugi, Fita Bayesa e Paul Kosgei. Dal 1973, anno in cui si disputarono i giochi della gioventù, con Paola Pigni madrina, la gara non si è disputata nel 1980 e poi dal 2005 al 2007. In tutto 36 edizioni. Salvo miracoli un numero destinato a diventare definitivo. (en.g.)